Due recenti sentenze, di cui una riguardante una piscina, sottolineano la necessità una maggiore attenzione agli iter autorizzativi per la realizzazione di piscine private.

I fatti  di cronaca avvenuti negli ultimi mesi dell’anno 2022, legati al dissesto idrogeologico nel nostro Paese,  ci portano ad avviare serie riflessioni su quanto sia importante la tutela del territorio, che deve essere visto come risorsa e non come bene da sfruttare, sul contenimento  del  consumo di suolo e ad un contrasto serio e rigoroso dei fenomeni di abusivismo edilizio.

In tal senso va interpretata la sentenza 10495/2022 del Consiglio di Stato dove viene  ribadito il precedente pronunciamento del TAR secondo cui il silenzio della PA in area vincolata è da ritenersi nella forma del silenzio-rifiuto e non del silenzio-assenso. Il fatto in questione riguarda tre istanze di condono rigettate da un  Comune per opere abusive realizzate da un’azienda sita all’interno del perimetro di un’area parco sulla quale insiste un vincolo paesaggistico.

Senza entrare nel merito dell’annoso problema dei condoni in questo Paese e della loro opportunità a livello politico, nella sentenza viene ribadita che la conformità paesaggistica non può mai essere tacita anche nel  caso in cui l’abuso sia operato in conformità agli strumenti urbanistici vigenti. C’è inoltre da ricordare che l’autorizzazione paesaggistica non può essere rilasciata in corso d’opera, ma deve essere ottenuta prima dell’inizio dei lavori ed è inoltre documento facente parte della richiesta di titolo autorizzativo sia che si tratti di una SCIA o di un Permesso di Costruire, così come anche indicato  nel Testo Unico dell’Edilizia (TUE DpR 380/2001) e ripreso dall’articolo 146 c. 4 del Codice dei Beni Culturali  (Dlgs 42/2004).

Va ricordato che nell’ultimo condono nazionale approvato (Dl 269/2003) all’art. 32 c.27 lett. d) viene espressamente indicato il divieto di sanatoria delle opere realizzate su immobili soggetti a vincoli statali e regionali a tutela di beni ambientali, paesistici, parchi o aree protette nazionali e indicato anche dalla legge 47/1985 all’art. 33, mentre all’art. 32 viene esplicitamente indicata che l’inerzia dell’autorità preposta al vincolo deve essere interpretata come silenzio-rifiuto (impugnabile dall’interessato). Unica eccezione è in caso che gli interventi rientrino nelle ipotesi di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria a patto che le opere sia conformi agli strumenti urbanistici vigenti.

Quanto appena visto qui sopra è inoltre riportato all’interno del TUE dove si esplicita che qualora sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientale, paesaggistico e culturale l’ipotesi del silenzio-assenso non è da ritenersi valida.

La causa in questione non riguardava una piscina, però lascia delle indicazioni importanti anche per il nostro settore. Infatti dopo poco tempo lo Stesso Consiglio di Stato con sentenza 10866/2022, ha stabilito che una piscina realizzata in area sottoposta a vincolo paesaggistico senza  l’autorizzazione apposita non può ottenere la sanatoria, ritenendo peraltro legittimo l’ordine di demolizione della piscina e della relativa pavimentazione da parte del Comune.

Riprendendo l’impostazione della precedente sentenza, i giudici di Palazzo Spada hanno sancito nel caso in questione che l’autorizzazione paesaggistica non possa essere rilasciata in corso d’opera, ma deve essere ottenuta prima dell’inizio dei lavori, così come indicato dall’art. 146 c. 4 del Codice dei Beni Culturali  (Dlgs 42/2004). Questo viene anche riportato nel TUE dove l’autorizzazione paesaggistica, ove prevista, è uno dei documenti che devono essere presentati allo Sportello Unico dell’Edilizia nell’atto di presentazione di un Permesso di Costruire o una SCIA.

Altro aspetto interessante da tenere in considerazione di questa sentenza è che pavimentazione e scavo sono state ritenute sia superfici utili che volumetrie che hanno generato una modifica dello stato dei luoghi. E’ bene ricordare che più sentenze della Corte di Cassazione in merito alle opere di scavo (volumetrie in negativo) le indicano come attività che trasformano il suolo in edificato in maniera permanente, di qui la necessità che si debba richiedere un titolo autorizzativo.

Dall’analisi di questi due casi inoltre emerge anche un’indicazione di tipo pratico: essendo interventi che vengono svolti su aree con vincolo paesaggistico, la richiesta preventiva e dovuta della preposta autorizzazione alle autorità competenti può comportare da parte di queste ultime richieste di integrazioni e/o modifiche ai progetti, dando poi luogo alle realizzazioni. Certo modifiche e/o integrazioni possono comportare un aggravio costi o un intervento in “tono minore”o tempi di inizio lavori dilatati, però rispetto ad un manufatto abusivo non si corrono rischi in sanzioni o nella peggiore delle ipotesi di demolizione e ripristino dei luoghi.

Da questi due casi quali possono essere i riflessi, le conseguenze  per il nostro settore? Sostanzialmente l’orientamento della giurisprudenza sembra essere quello di rimanere il più possibile adeso alle norme, quindi in un’ottica di maggiore tutela del territorio; questo non vuol necessariamente dire che ci saranno restrizioni nelle autorizzazioni a realizzare piscine in aree sottoposte a vincolo, ma che è necessaria una conoscenza non superficiale di quali siano le norme e le procedure necessarie al rilascio di un titolo autorizzativo onde evitare di avere problematiche future. Questo vale per qualsiasi tipo di piscina, che questa sia temporanea/smontabile (comunicazione al Comune della data di posa e rimessaggio dopo 180gg) o sia permanente – interrata o fuoriterra – dove all’interno di una richiesta di una SCIA o di un Permesso di Costruire può essere necessario ottenere, come nei due casi in questione, un’autorizzazione paesaggistica o da altro ente.

Il nostro quadro normativo in ambito urbanistico  è molto vario e complesso: PRG o PGT, Norme Tecniche di Attuazione del Piano, Regolamenti Edilizi, leggi regionali, TUE ed altre possibili norme a carattere nazionale e/o regionale tali da far diventare ogni Comune, ogni situazione “ad hoc”; ciò implica che lo stesso tipo di piscina possa avere una procedura nel Comune A, ma magari è diversa in quello B se non addirittura differenti all’interno dello stesso Comune. Diventa quindi opportuno e consigliabile prima di qualsiasi avvio lavori informarsi presso gli Sportelli Unici dell’Edilizia comunali ed essere cauti verso chi vi propone soluzioni senza bisogno di autorizzazioni prima di trovarsi poi di fronte ad amare e salate sorprese.

Articolo del Dott. Riccardo Pennati