Da qualche anno nei mercati europei si assiste al diffondersi di varie tecnologie per il trattamento dell’acqua di piscina, con l’impiego di soluzioni che risultano sconosciute o perlomeno inusuali alle nostre latitudini.  Spesso si tratta di soluzioni – vecchie o nuove – mutuate da altri campi dell’industria chimica e del trattamento acqua.  Una di queste tecnologie, che sta avendo una diffusione e una visibilità crescente nel campo delle piscine, è basata sulle tecniche di filtrazione su membrana.

 

La filtrazione su membrana, che comprende una intera famiglia di tecnologie che si distinguono per diverse pressioni di lavoro e diversi gradi di filtrazione, trova applicazioni in campo sanitario, farmaceutico, nella industria alimentare, e nel recupero delle acque di scarto e si affaccia da qualche anno nel nostro settore.

Questo sistema di filtrazione costituisce un processo di natura fisica nel quale un fluido viene spinto attraverso una membrana porosa (che può essere di natura organica come la cellulosa, o di natura sintetica come PE, PTFE, PP, PVDF, o ceramica) grazie a una sorgente di pressione (la pompa). La membrana funge da barriera selettiva e lascia passare alcune sostanze presenti nel fluido (“permeato”) mentre ferma altre sostanze (che costituiscono il “concentrato”).

 

 

La più comune divisione in categorie della filtrazione su membrana viene operata sulla base della pressione operativa e del grado di filtrazione (cut-off).  Gradi di filtrazione più elevati prevedono pressioni operative più alte (e conseguenti assorbimenti elettrici), fino al limite sotto specificato:

Tipologia

Dimensione tipica dei pori

Osmosi Inversa

< 1 nm

Nanofiltrazione

2-3 nm

Ultrafiltrazione

2-50 nm

Microfiltrazione

50-100 nm

Filtrazione tradizionale

1-50 µm

 

Fonti immagini: Mkr Metzger Gmbh, wikipedia

 

In piscina hanno diffusione soprattutto i sistemi basati su membrane di ultrafiltrazione (anche se non mancano positivi esempi di applicazioni in nano filtrazione). A riprova di questa diffusione è il fatto che l’ente di Normazione tedesco (DIN) ha introdotto per le piscine una specifica parte della norma DIN 19643 “Treatment of water of swimming pools and baths – Part 4: Combinations of process with ultrafiltration”.

La Norma prevede la adottabilità di questo tipo di filtrazione e assegna a questo tipo di sistemi un fattore di carico specifico k maggiore rispetto agli impianti tradizionali con flocculazione – filtrazione a sabbia o flocculazione- filtrazione multistrato. Per chi non fosse pratico di Norma DIN, ciò significa che a questo tipo di sistemi (naturalmente se realizzati a regola d’arte) il normatore attribuisce una maggiore capacità di rimozione degli inquinanti, con conseguenti minori portate richieste a parità di tipologia di piscina, rispetto ai sistemi “tradizionali”.

 

In effetti la qualità del filtrato di questa tipologia di filtrazione appare assai maggiore dei sistemi tradizionali a sabbia o sabbia-antracite o precoat, come si può intuire dai grafici proposti.  I sistemi ad ultrafiltrazione sono in grado di fermare la totalità dei batteri e -per la Norma tedesca- risultano accettabili se presentano una capacità di ritenzione dei virus fino al 99,99%, capacità impensabile per i metodi di filtrazione tradizionali.

 

 

Naturalmente, come tutte le soluzioni impiantistiche, anche queste novità funzionano bene se inserite in un corretto assetto impiantistico. La citata DIN 19643-4 prevede ad esempio la presenza concomitante di un sistema di prefiltrazione a protezione delle membrane, una accurata flocculazione e una (facoltativa) azione di adsorbimento realizzata con carbone attivo in polvere iniettato a monte del sistema di ultrafiltrazione per la rimozione delle sostanze organiche e dei cloro-composti alogenati (ricordiamo che in Germania il valore di cloro combinato ammesso è massimo di 0,2 mg/l).

 

 

Altre strategie per la riduzione dei cloro-composti consigliate ed abbinabili al sistema di ultrafiltrazione sono l’impiego di filtri a carbone attivo granulare o l’adozione di sistemi a radiazione ultravioletta. 

Tutte le medaglie hanno il loro rovescio: gradi di filtrazione così elevati, legati al sempre variabile ed eterogeneo carico inquinante immesso in vasca dai bagnanti, provocano dei rapidi cali della permeabilità delle membrane, dovuti al deposto di sostanze organiche. Questo conduce all’esigenza di frequenti cicli di controlavaggio ordinario e a più saltuari interventi di lavaggio chimico per la pulizia degli elementi filtranti, con la conseguente necessità di sistemi di gestione automatica dei cicli di lavoro dl sistema.

Una simile esigenza di gestione non produce – contrariamente a quello che si potrebbe pensare- un elevato dispendio d’acqua: il volume necessario ai lavaggi è infatti modesto e vi è la possibilità (caldeggiata dalla stessa DIN) di prevedere un secondo stadio di filtrazione per il recupero dell’acqua di lavaggio, realizzabile dato l’alto livello qualitativo raggiunto degli effluenti.

 

 

 Fonte Degremont-fr

 Sono stati pubblicati anche alcuni studi che hanno indagato sull’efficacia di queste nuove applicazioni.

In Francia uno studio condotto da Barbot e Moulin dell’università di Marsiglia (“Swimming pool water treatment by ultrafiltration–adsorption process”, 2008) ha preso in considerazione per 18 mesi una piscina pubblica coperta altamente frequentata, valutando il comportamento del sistema di ultrafiltrazione combinato con un sistema di adsorbimento a carboni attivi. Lo studio ha evidenziato una chiara efficacia del sistema combinato ultrafiltrazione- carbone attivo nel mantenere basso il livello di clorammine, e un buon comportamento dei sistemi a membrana, pur in presenza di un elevato carico di bagnanti.

 A conclusioni simili è giunto anche un ulteriore studio “EFFECTS OF HIGH BATHING LOADS ON POOL WATER TREATED BY COAGULATION ULTRAFILTRATION” di Susanne Müller , Klaus Hagen  e Wolfgang Uhl dell’università di Dresda che hanno condotto osservazioni su una piscina coperta , monitorando diversi parametri come TOC (carbonio organico totale), COD (Domanda Chimica di Ossigeno), THM (concentrazione di trialometani), torbidità, cloro combinato, potenziale Redox e carica microbica.

La campagna di analisi ha evidenziato una completa rispondenza ai parametri microbiologici anche con tenori di cloro bassi (0,3-0,6 mg/l) e carichi elevati di bagnanti. Dal punto di vista chimico la concentrazione dei trialometani e delle sostanze organiche, pur presentando una certa tendenza all’incremento legato al numero dei frequentatori, ha rivelato la capacità del sistema di fornire buone risposte sul breve periodo con un mantenimento dei parametri indagati ben entro le soglie di sicurezza.

Fonte: Müller, Hagen, Uhl

“Technische Universität Dresden, Institute of Urban Water Management

Chair of Water Supply Engineering,”

 

La applicazione di queste tecnologie, sperimentate da anni in altri settori del trattamento delle acque, può rappresentare una valida soluzione ai problemi tanto qualitativi, quanto economici nella gestione degli impianti di piscina. Queste soluzioni sperimentate altrove dovrebbero sollecitare i progettisti, i gestori e gli installatori ad un approfondimento tecnico che si rivelerebbe proficuo per l’intero settore.