Articolo dell’Avv. Maura Bridarolli

Cassazione n. 9009 del 2015

non sussiste la responsabilità del custode della piscina per la caduta provocata da acqua mista a liquido scivoloso presente sul bordo ella stessa, poiché, non risultando verificato se la caduta sia dovuta alla presenza di acqua o di altro non precisato liquido, grava sul danneggiato l’onere della prova di un’anomalia dello stato dei luoghi

Nella responsabilità extracontrattuale grava sul danneggiato l’onere della prova di un’anomalia dello stato dei luoghi, se non necessariamente integrante gli estremi della c.d. insidia o trabocchetto, comunque, idonea a prefigurare una condotta colposa (o dolosa) del convenuto. Inoltre, tanto in ipotesi di responsabilità per cose in custodia ex art. 2051 cod. civ., quanto in ipotesi di responsabilità ex art. 2043 cod. civ., il comportamento colposo del danneggiato (che sussiste anche quando egli abbia usato un bene senza la normale diligenza) può atteggiarsi a concorso causale colposo (valutabile ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod. civ.), ovvero escludere il nesso causale tra cosa e danno e, con esso, la responsabilità del custode (integrando gli estremi del caso fortuito rilevante a norma dell’art. 2051 cod. civ.). Con la sentenza n. 9009 del 2015, la Cassazione ha affrontato un tema particolarmente attuale e rilevante: l’obbligo di diligenza che incombe sul danneggiato ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., la cui violazione può essere idonea ad escludere la responsabilità extracontrattuale gravante sul danneggiante.

Sul tema vi sono numerose, ed a volte anche contrastanti pronunce giurisprudenziali, e molto probabilmente gli orientamenti muteranno ancora ed ancora. Prima di analizzare la sentenza, valutiamo dunque le diverse forme di responsabilità potenzialmente ascrivibili al caso pratico.

La responsabilità extracontrattuale

La responsabilità extracontrattuale, conosciuta anche come responsabilità aquiliana, consiste nella disciplina dell’obbligazione risarcitoria che grava su chiunque cagioni un danno ad un terzo, e ciò a prescindere dalla preesistenza tra essi di un rapporto obbligatorio. La responsabilità extracontrattuale si contrappone alla responsabilità contrattuale di cui all’art. 1218 cod. civ., in quanto non dipende dall’inadempimento di una preesistente obbligazione, ma deriva da un fatto/atto illecito.  La norma di riferimento è l’art. 2043 cod. civ., secondo cui «Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona) ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno». Il fatto illecito è fonte di obbligazioni ex art. 1173 cod. civ. e, in particolare, è fonte dell’obbligazione di risarcimento del danno a favore del danneggiato. A differenza dell’illecito penale, l’illecito civile non è tipico, ma è atipico, tant’è che la formula adoperata dall’art. 2043 cod. civ. è volutamente generica. Ne consegue che qualsiasi fatto od atto che procuri un danno ingiusto, ossia un danno ad un interesse giuridicamente tutelato, obbliga chi lo ha commesso a risarcire il danneggiato.I presupposti della responsabilità extracontrattuale sono quattro:

1. il fatto, ossia l’elemento oggettivo;

2. il dolo o la colpa, ossia l’elemento soggettivo;

3. il danno ingiusto;

4. il nesso eziologico tra danno ed evento.

Ne consegue che il danneggiato, agendo in giudizio, deve di norma provare la ricorrenza di tutti e quattro i presupposti di cui all’art. 2043 cod. civ. Al ricorrere dei presupposti di cui all’art. 2043 cod. civ. sorge l’obbligo di risarcimento del danno. Non sono risarcibili i danni che il danneggiato avrebbe dovuto evitare usando l’ordinaria diligenza (art. 1227, secondo comma, cod. civ.).

La responsabilità da cose in custodia

Ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., ciascuno è responsabile dei danni cagionati dalle cose che ha in custodia, a meno che non provi che tali danni siano stati conseguenza di un caso fortuito. La responsabilità extracontrattuale per i danni cagionati da cose in custodia è una responsabilità c.d. oggettiva.  Il custode del bene, infatti, risponde a prescindere dal dolo o dalla colpa. Ciò che conta affinché possa operare l’obbligo risarcitorio di cui all’art. 2051 cod. civ. è che si verifichi un fatto riconducibile alla sfera di controllo del danneggiante e che intercorra tra il fatto ed il danno cagionato un nesso eziologico. Ne consegue che, nell’ipotesi di cui all’art. 2051 cod. civ., mentre il danneggiato ha il vantaggio di dover provare solo di aver subito un pregiudizio ingiusto per effetto di un fatto imputabile e/o riconducibile al danneggiante, questi può andare esente da responsabilità solo provando l’assenza e/o l’avvenuta interruzione del nesso eziologico. Ed infatti, gli artt. 2051-2052 e 2054 cod. civ. (i quali introducono altre forme di responsabilità oggettiva per danni cagionati rispettivamente da animali in custodia o dalla circolazione dei veicoli), pongono l’onere della prova in capo del custode/proprietario del bene, consistente nella dimostrazione del caso fortuito. Per caso fortuito si intende quel preciso fatto, imprevedibile ed inevitabile ed esterno alla cosa od all’animale in custodia od al veicolo in uso, che abbia interrotto il nesso causale tra l’evento e la sfera di dominio e di controllo del custode.

Nel caso di cui alla sentenza in oggetto, si è ragionato rilevando che, l’art. 2051 cod. civ., com’è noto, introduce una fattispecie di responsabilità oggettiva a carico del custode, con la conseguenza che, perché possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista un nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato; il nesso di causalità deve essere escluso quando il danno sia ascrivibile al caso fortuito.Ora, nel caso di specie, stando alla ricostruzione del soggetto danneggiato egli sarebbe inciampato per la presenza di una rilevante quantità di liquido vicino al bordo della piscina e null’altro!. Pertanto lo stesso non avrebbe di fatto provato l’esistenza di alcuna alterazione pericolosa dei luoghi tale da qualificarsi come insidia non evitabile in quanto fonte di pericolo. È infatti certo che la presenza di acqua in prossimità dell’uscita da una piscina non possa configurarsi come condizione anomala che comporta in capo all’utente quella diligenza derivante dalla frequentazione degli ambienti per loro stessa natura umidi e scivolosi. Del resto, proprio il menzionato obbligo di diligenza di cui all’art. 1227 cod. civ. avrebbe dovuto portare Tizio a prestare una maggiore cautela nell’uscire dalle vasche e nell’attraversare i bordi bagnati. L’art. 1227, primo comma, cod. civ. prevede infatti che «se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza». Si tratta dell’istituto del concorso colposo del danneggiato, il quale, per effetto del rinvio di cui all’art. 2056 cod. civ., trova applicazione anche con riferimento alla disciplina della responsabilità extracontrattuale da fatto illecito. La regola di cui all’art. 1227 cod. civ., com’è noto, risponde al generale principio di autoresponsabilità ed all’obbligo di reciproca lealtà di condotta; esso comporta il dovere di ciascuno di essere responsabile e di valutare le conseguenze dei propri atti e, in definitiva, contempera le scelte di dislocazione del rischio con il principio di precauzione al fine di realizzare l’obiettivo comune di prevenzione.

Ne deriva pertanto che il rischio di scivolare sul bordo di una piscina, trattandosi di una superficie normalmente bagnata proprio a ragione dell’attività che vi si svolge, andrebbe come tale doverosamente calcolato ed evitato utilizzando calzature adeguate e comunque adeguandosi alla massima prudenza, non potendosi poi, una volta che una caduta dannosa si è verificata, invocare come fonte di responsabilità, l’esistenza di una situazione di pericolo che rientra nel rischio generico proprio dei luoghi, evitabile in base ad una condotta normalmente diligente.

Diverso sarebbe stato il ragionamento se il soggetto danneggiato avesse dimostrato elementi tali da far dedurre lo stato di alterazione e/o l’anomalia. Si pensi al caso degli spogliatoi che vengono puliti durate la presenza dell’utenza senza segnalare per esempio, con la cartellonistica l’espletamento delle funzioni. In tal caso, ovviamente l’abbondante acqua presente a terra, unitamente a detersivi e quant’altro ben potrebbe creare la così detta alterazione, prova di responsabilità in capo al soggetto danneggiante/custode.

 

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