Analisi di due diverse sentenze

Il Datore di lavoro, si sa, nell’ambito della sicurezza sul lavoro è titolare della posizione di garanzia (misure di prevenzione e protezione, formazione, organizzazione lavorativa, etc.) nei confronti dei lavoratori che operano all’interno del luogo di lavoro. E’ anche possibile, però, che comportamenti abnormi da parte del lavoratore in sede giudiziaria possano essere interpretati in modo differente.

E’ accaduto in due casi oggetto di specifiche Sentenze da parte della Corte di Cassazione che riguardavano eventi infortunistici occorsi a due lavoratori e nei quali emergeva un fattore comune: lo svolgimento dell’attività lavorativa fuori dal normale orario di lavoro.

 

Andando ad analizzare meglio i diversi, casi, però, emergono ulteriori elementi che hanno fatto decidere la Suprema Corte in modo differente: sottolineando la responsabilità del Datore di Lavoro, nel primo caso, e assolvendolo da ogni colpa, invece, nel secondo. Vediamoli insieme.

 

La Sentenza della Corte di Cassazione n. 3451 del 24.01.2019 ha analizzato un evento infortunistico accaduto ad un lavoratore di una conceria che, dovendo riparare una tettoia divelta dal vento, vi accedeva attraverso un balcone, posto al primo piano, circondato da una ringhiera. Mentre posizionava due tavoloni su cui camminare per raggiungere la tettoia, senza utilizzare cintura di sicurezza, che era posta su un pilastro vicino alla porta di accesso, scavalcava la ringhiera perdendo l’equilibrio e precipitando da un un’altezza di quattro metri.

Tutti i gradi di giudizio hanno escluso la condotta abnorme del lavoratore, sostenendo che il datore di lavoro con imprudenza, negligenza ed imperizia non aveva provveduto ad adottare tutti i necessari presidi di sicurezza contro la caduta verso il vuoto così come previsto all’art. 148 D.Lgs. 81/08 e s.m.i.

L’aver svolto l’attività lavorativa fuori dal normale orario di lavoro non ha assunto per gli organi giudicanti un elemento concreto a favore della posizione datoriale in quanto il lavoratore aveva disponibilità delle chiavi per poter accedere al posto di lavoro e, soprattutto, il Datore di Lavoro conosceva le abitudini del proprio lavoratore ed era cosciente del fatto che quest’ultimo fosse abituato a recarsi sul posto quando lo ritenesse utile.

In ultimo, è stato considerato un elemento aggravante per il Datore di Lavoro il fatto che l’attività svolta dal lavoratore non rientrava nelle lavorazioni della conceria e nell’azienda mancava ogni presidio per lo svolgimento di lavori edili, non rientranti nelle mansioni dei dipendenti, i quali non avrebbero dovuto attendervi. 

A nulla è valso il ricorso del Datore di Lavoro che a parziale discolpa sottolinea che il proprio lavoratore era persona esperta e nominato responsabile della sicurezza, sicché il suo comportamento va considerato concretamente imprevedibile.

In chiusura del procedimento le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno evidenziato che la gravità della condotta del datore di lavoro che non predisponga i minimi presidi di sicurezza, consentendo che un lavoratore operi da solo nello svolgimento di mansioni che non gli competono, per di più in quota, non trova alcun limite nella condotta colposa del lavoratore, che abbia sinergicamente contribuito all’evento.

In sostanza, senza la condotta negligente ed imprudente del Datore di Lavoro l’evento non si sarebbe potuto concretizzare.

 

Nel secondo caso, invece, la Sentenza della Corte di Cassazione n. 1479 del 14.01.2019 ha preso in esame un infortunio occorso a un suo lavoratore dipendente nel mentre utilizzava un trattore di proprietà dell’azienda, risultato privo della regolare protezione del posto di guida, e che stava utilizzando per proprio conto e a favore di terzi, fuori dell’orario e dei luoghi di lavoro, senza l’autorizzazione del datore di lavoro e a sua insaputa.

Nel procedimento penale di primo grado il Datore di Lavoro fu ritenuto responsabile della posizione di garanzia per avere messo a disposizione del lavoratore il trattore privo delle regolari protezioni, per avere concesso allo stesso di utilizzarlo e per non avere tenuto comportamenti idonei ad impedire l’uso del mezzo al di fuori dell’azienda e dell’orario di lavoro, mentre in sede di Appello lo stesso fu assolto in quanto non era stata contestata alcuna violazione delle norme di prevenzione degli infortuni e che era risultato che lo stesso non avesse autorizzato l’uso del mezzo in favore tra l’altro di una terza persona che gli aveva commissionato uno specifico lavoro, infine, perché il lavoratore aveva volontariamente disattivato il dispositivo di sicurezza “rollbar”.

Il procedimento si è poi spostato su un elemento estraneo al tragico evento infortunistico: la proprietà del mezzo.

Da un lato il giudice di primo grado aveva condannato il Datore di Lavoro ritenendolo responsabile per l’infortunio in quanto investito della posizione di garanzia per essere il proprietario del mezzo e perché lo stesso era privo della cintura di sicurezza e ritenendo ininfluente il fatto che il rollbar di protezione fosse stato volontariamente disabilitato dal lavoratore. Dall’altro la difesa del Datore di Lavoro ha sottolineato che la vittima stava svolgendo, a sua insaputa, il lavoro di pulitura del fondo di un altro soggetto su incarico di quest’ultimo e ha messo in evidenza, altresì, che il lavoratore aveva disattivato il rollbar che costituiva l’apposita misura di sicurezza del mezzo.

La corte di Cassazione si è pronunciata sostenendo che il Datore di Lavoro non aveva autorizzato la vittima ad usare il trattore fuori dall’orario di lavoro e per ragioni estranee al rapporto di lavoro e che la Corte di Appello nella sua sentenza non aveva fatto alcun riferimento alla tolleranza, da parte del Datore di Lavoro, dell’uso del mezzo agricolo da parte del proprio dipendente per l’esecuzione di lavori in proprio e a favore di terzi.

 

Due casi molto simili fra loro, con elementi di valutazione comparabili ma, come dimostrato dagli elementi di prova, profondamente diversi e che portano a risultati sostanzialmente differenti, anche in relazione alla gravità dell’evento infortunistico.

Spesso ci viene chiesto: “cosa potrebbe accadere se…” e puntualmente a tutti rispondiamo come dovrebbe fare un Professionista: “in linea di principio è impossibile stabilire chi ha ragione e chi torto perché gli elementi probatori – sia a favore, sia contro – devono essere analizzati a 360°, guardati rispetto a diversi punti di vista, perché solo così è possibile avere chiaro il quadro degli eventi “. Come sempre, aggiungiamo che la domanda più importante è sempre: “Come posso evitare che avvengano incidenti?”.

 

Arch. Fabrizio Rocchia, Responsabile settore sicurezza di Professione Acqua