1) PREMESSA – IL QUADRO NORMATIVO ESISTENTE
La sospensione dell'”Atto di Intesa”, decretata dal Ministero della Sanità il 20/07/97, ha creato una situazione di indubbia confusione legislativa ed amministrativa riguardo alle piscine.
A parte il già previsto futuro (lo stesso Ministero sta elaborando un nuovo Decreto nel quale dovrebbero comparire importanti novità anche relativamente ai parametri di qualità dell’acqua di vasca e pure l’Organizzazione Mondiale della Sanità sta lavorando alla stessa materia individuando fattori di rischio finora trascurati, Legionella e THM), la confusione riguarda soprattutto il fatto che coesistono norme che, a diverso titolo, possono essere considerate legittime ed affidabili ma che, sfortunatamente, contengono discrepanze non di poco conto.

Il quadro normativo può essere così riassunto (per personale valutazione, in ordine crescente di valore “legale”):

Unione AQUA ITALIA – ANIMA – Norme per impianti trattamento piscine pubbliche, semipubbliche e terapeutiche – Dicembre 1982.
Viene menzionata questa Norma volontaria, pur se vecchia e di nullo valore impositivo, in quanto non solo è forse ancora la più completa e ragionata ma anche perché è l’unica che tenta di correlare le caratteristiche progettuali e funzionali della piscina con l’effettivo carico inquinante apportato dai bagnanti.
Pertanto questa norma serve a valutare ed a spiegare le probabili ragioni di alcuni disfunzionamenti di piscine che pure rispettano i criteri generali di progettazione previsti dalle norme di riferimento.

– Norma UNI 10637 – Requisiti degli impianti di circolazione, trattamento disinfezione e qualità dell’acqua di piscina – Giugno 1997.
Si tratta ancora di una norma volontaria che tuttavia, in assenza di una legislazione specifica, rappresenta lo “stato dell’arte” ossia la buona tecnica che può avere valore in eventuali cause giudiziarie in assenza di leggi specifiche. Di certo è condivisa dal CONI che ha contribuito alla sua redazione.

 

– Ministero della Sanità – “Atto di intesa tra Stato e Regioni…” (Supp. Ord. N. 32 alla G.U. 17/02/92).
Come detto questo Atto è stato sospeso e quindi non ha alcun valore coercitivo: tuttavia esso rappresenta l’ultimo “punto di vista” ministeriale sulla materia.

Circolare Min. San. N. 128 del 16/07/71 (integrata da Circolare Min. San. N. 86 del 15/06/72).
A tutti gli effetti è l’unico atto dello Stato ancora in vigore e, apparentemente, dovrebbe essere considerato come punto di riferimento per ogni successiva valutazione. Tuttavia, giuridicamente, la cosa appare abbastanza discutibile in quanto la “Circolare” non è un atto legislativo ma solo una “informativa” che lo Stato invia ai propri “dipendenti” al fine di esercitare correttamente le proprie funzioni.
A causa delle deleghe nel frattempo concesse dallo Stato alle Regioni in materia di controlli, ecc. difficilmente la Circolare può essere applicata in disaccordo con gli orientamenti regionali anche se allo Stato continuano a competere gli atti indirizzo rispetto alla salute pubblica.

– Regione E.R. – Assessorato alla Sanità e Servizi Sociali – Circolare N: 32 del 28/07/94.
Pur avendo valore giuridico limitato per le stesse ragioni di cui sopra, tuttavia questa Circolare, relativamente al territorio regionale, di fatto integra e corregge la precedente Circolare e quindi ha un valore di riferimento certo riguardo all’operato degli organismi di controllo in Emilia – Romagna. Da rilevare che atti simili sono stati emessi anche da altre autorità locali cosa che rende ancor più complessa la situazione a livello nazionale.

Trascurando tutti gli aspetti normativi “esterni” alla vasca natatoria ed agli impianti di ricircolazione che ne sono il complemento (aspetti per i quali tuttavia esistono pure differenze ragguardevoli), conviene quindi evidenziare in tabelle di confronto le diversità parametriche e funzionali più importanti per la salvaguardia del bagnante.

 

2) DIFFERENZE PARAMETRICHE – PARAMETRI CHIMICI E MICROBIOLOGICI – ACQUA DI VASCA
Vedi tabella successiva.

3) DIFFERENZE PARAMETRICHE – PARAMETRI CHIMICI E MICROBIOLOGICI – ACQUA USCITA FILTRI
Vedi tabella successiva.

4) DIFFERENZE PARAMETRICHE – PARAMETRI DIMENSIONALI E FUNZIONALI
Vedi tabella successiva.

5) OSSERVAZIONI E NOTE AI PARAMETRI CHIMICI E MICROBIOLOGICI
All fine di comprendere il significato dei parametri elencati nelle varie normative ed interpretarne le differenze, se ne dà il seguente commento tecnico

5.1 – TORBIDITA’ – SOLIDI SOSPESI
La limpidezza dell’acqua è condizione essenziale per l’efficacia dei disinfettanti (ed anche di sicurezza: il noto “disco Secchi” doveva equivalere alla possibilità per il bagnino di individuare bagnanti sul fondo vasca). Anche se le torbidità misurate con i diversi metodi (FTU e mg/l SiO2) hanno lo stesso significato e sono a loro volta correlati al contenuto di solidi sospesi, di fatto manca un fattore di correlazione preciso e scientificamente giustificato.
Infatti, posto che NTU (Nephelometric Turbidity Unit) corrisponde ad una tecnica di misura (luce deviata, in genere 90°, anziché luce assorbita), diverso può essere lo standard di riferimento (Formalina da cui “FTU” o Silice da cui “mg/l SiO2”).
Anche riguardo al rapporto con i solidi sospesi le differenze possono essere notevoli se si tratta di un’acqua naturale piuttosto che di acqua di piscina (in genere più ricca di colloidi).
In rapporto ai diversi valori parametrati, si ritiene che quelli indicati nella Norma Aqua Italia siano i più realistici ed i più corretti nei reciproci valori numerici.
I valori di torbidità indicati nella Norma UNI e nella Circ. 128 sono sicuramente eccessivi ed inoltre, nella Norma UNI, il rapporto tra torbidità e solidi sospeso è pure incongruente (con 4 mg/l di solidi sospesi ben difficilmente si può superare una torbidità di 2 – 3 FTU).

5.2 – pH
Il pH dell’acqua di vasca ha una notevole importanza sotto molti punti di vista:
– influenza il chimismo del disinfettante (principalmente il Cloro ma non solo) in quanto interviene negli equilibri di dissociazione e nelle cinetiche di reazione;

 

– è un fattore di “bilanciamento” dell’acqua rispetto agli equilibri calco-carbonici che interessano i fenomeni di aggressività e di potere incrostante dell’acqua;
– può influenzare il benessere del bagnante (bruciore agli occhi) ai valori estremi tollerati.
Di fatto, per le acque dolci, il pH consigliato tra 7.2 e 7.6 rappresenta il valore ottimale rispetto alle esigenze di cui sopra (con riferimento al disinfettante “Cloro”).
Tuttavia il continuo ricircolo dell’acqua, e dunque la continua aggiunta di disinfettante, tende a spostarne il valore.
Più precisamente, nel caso di impiego di Ipoclorito di Sodio, il pH tende continuamente ad alzarsi (il contrario sarebbe con il Cloro gas) in virtù delle seguenti reazioni:

NaClO + H2O –> NaOH + HClO
Cl2 + H2O —> HCl + HClO

Assumendo mediamente un apporto di sostanze inquinanti per bagnante di circa 4 g (espresso come materia organica) ed un consumo conseguente di Cloro variabile da 5 a 10 g (mediamente 7 g) si può quindi dire che per ogni bagnante la neutralizzazione del pH richiede circa 3 – 4 di HCl (o l’equivalente di altro acido).
Ecco quindi perché l’impiego di Ipoclorito determina un incremento dei Cloruri in parte dovuto alla degradazione dell’Ipoclorito stesso ed in parte all’aggiunta di Acido Cloridrico che è ancora oggi il neutralizzante di più comune impiego (efficace, di poco rischiosa manipolazione ed economico).

5.3 – CLORO LIBERO E CLORO COMBINATO
L’apporto di sostanze organiche da parte del bagnante è costituito per lo più da sostanze azotate (urea, creatinina, ecc.) la cui rimozione avviene con il Cloro a mezzo delle reazioni dette di “break-point” che, teoricamente dovrebbero portare alla totale scomparsa dell’Azoto aminico.
In realtà queste reazioni hanno una cinetica più o meno veloce in dipendenza di numerosi fattori, e, in ogni caso, gli stadi intermedi portano alla formazione delle cloro amine (cloro “combinato”) i cui difetti principali sono:

 

– pur essendo una forma di Cloro “attivo” hanno una efficacia disinfettante assai minore che non il Cloro “libero”.
– La tricloroamina, assai volatile, passa facilmente nell’atmosfera ed è la principale responsabile del cattivo odore di Cloro in piscina e delle irritazioni agli occhi ed alle mucose.
Pertanto, giustamente, tutte le norme tendono ad una rilevazione separata del Cloro libero e di quello combinato, cercando di mantenere quest’ultimo al più basso livello possibile.
Tuttavia le stesse norme tendono a limitare anche la concentrazione di Cloro libero e ciò porta di frequente a situazioni di difficile gestione soprattutto quando il numero di bagnanti eccede la tolleranza o quando, pur presenti nei limiti prescritti, lo sono in modo costante e continuativo.
Quest’ultimo caso è quello più scarsamente considerato in quasi tutte le norme (tranne che in quella di Aqua Italia) che per lo più si affidano a considerazioni “statistiche” in base alle quali i picchi di presenza si succedono frequentemente a momenti di bassa affluenza.
A causa di ciò la limitazione nella concentrazione di Cloro libero, determina automaticamente un sottodosaggio di Cloro favorendo la formazione di Cloroamine sia per ragioni stechiometriche che cinetiche (l’eccesso di Cloro favorisce la velocità di completamento delle reazioni di break-point).
Infine da rilevare che la Circolare N. 128 è ancor più inadeguata in quanto il metodo analitico richiesto (orto-tolidina) non consente di determinare con facilità la concentrazione di Cloro libero e combinato separatamente, senza considerare che la stessa orto-tolidina dovrebbe essere proibita essendo stata nel frattempo riconosciuta come sostanza cancerogena.

5.4 – ACIDO ISOCIANURICO
Questo prodotto è uno stabilizzante del Cloro con il quale si combina per rilasciarlo più lentamente.
Ciò è particolarmente utile nelle piscine scoperte dove il soleggiamento e l’abbondante aria tendono a degradarlo.

 

Anche se l’Acido isocianurico può essere utilizzato come tale in associazione all’Ipoclorito di Sodio (o altra “forma” di Cloro), è sempre più diffuso l’impiego del prodotto combinato (dicloro e tricoloro isocianurato).
Premesso che la dizione “isocianurico” non ha nulla a che fare con il velenosissimo “cianuro”, è evidente che un eccesso di “stabilizzazione” (cioè un eccesso di Acido cianurico) determina una “disponibilità” istantanea di Cloro per l’azione disinfettante anche di molto inferiore a quella determinata analiticamente.
Da qui due indicazioni:
– non superare una data concentrazione di Acido isocianurico (75 mg/l).
– consentire una maggiore concentrazione di Cloro all’aumentare della sua concentrazione.
Quest’ultima indicazione, accettata (quando accettata) in linea di principio con un piccolo “bonus” di 0.2-0.3 mg/l di Cloro, dovrebbe essere in realtà “modulata” al variare della concentrazione dell’Acido isocianurico come da seguente tabella che dà il fattore di correzione tra Cloro libero analizzato e quello realmente disponibile in funzione della concentrazione di HCNO.

Ac.Isocianurico 20 30 40 50 60 70 80 90 110 120 130 140 150 160 180 200
Fatt.Correz. 0.65 0.43 0.32 0.26 0.22 0.185 0.162 0.144 0.12 0.108 0.1 0.09 0.086 0.08 0.072 0.069

In pratica, poiché i Cloro cianurati non alterano il pH, da un lato la loro popolarità è dovuta al contenimento della concentrazione di Cloruri (Acido Cloridrico meno necessario) e d’altro lato il loro non corretto uso può creare problemi di disinfezione qualora si faccia affidamento sulla sola determinazione analitica del Cloro nelle sue varie forme senza tenere, appunto, conto della presenza dello stabilizzante.

5.5 – CLORURI
Poiché tutte le norme esistenti (nazionali e non) impongono un minimo ricambio d’acqua giornaliero e legato al numero di bagnanti, è stato considerato il problema di come controllarlo e lo si è risolto attraverso l’analisi dei Cloruri intesi come “tracciante” del consumo di Cloro e quindi della frequenza dei bagnanti.

 

A questo punto dovrebbe essere già abbastanza chiaro del come e perché questo parametro non è solo in realtà di limitato significato ma anche perché può essere a rischio.
Infatti:
– stimola l’impiego di acidi “alternativi”. Fra questi il bisolfato di Sodio (NaHSO4), che è piuttosto blando, e soprattutto l’Acido Solforico che è invece di pericolosa gestione (a meno che non venga acquistato molto diluito)
– la giustificata (e giusta) diffusione degli isocianurati, ha portato in molte piscine ad una scadente disinfezione per lo scarso controllo della crescita di concentrazione della matrice stabilizzante ovvero ad un forte incremento della concentrazione di Cloro
– il controllo del pH si è spostato sui valori maggiori dell’ambito ammesso (anche oltre 8) così che l’azione del disinfettante diminuisce ed aumenta pure il disagio dei bagnanti.
Da qui l’auspicio di abbandonare il parametro “Cloruri” al più presto.

5.6 – NITRATI
Tolti di mezzo i Cloruri, rimane tuttavia il problema di trovare un indice analitico di facile determinazione per stabilire il grado di vecchiezza dell’acqua.
La Norma di Aqua Italia ha indicato il parametro “Nitrati” (da non confondere con i Nitriti che, oltre ad avere un significato diverso, sono assai di rado presenti in vasca se appena esiste traccia di un ossidante come il Cloro).
Questa scelta appare appropriata non solo perché l’incremento dei Nitrati è direttamente correlabile all’Azoto aminico (cioè all’inquinamento prodotto dal bagnante) ma anche perché la loro crescita può, almeno un po’, essere contenuta con una corretta clorazione al break-point ossia con una buona gestione della piscina.
Infatti, tra i prodotti di reazione del break-point ci possono essere, tra gi altri, sia i Nitrati che l’Azoto gassoso: mentre il primo si forma più facilmente con un basso rapporto Cloro libero/Cloro combinato, il secondo prevale con tale rapporto più elevato ossia con una più bassa concentrazione di Cloroamina.

 

5.7 – OSSIDABILITA’ (Kubel)
Anche questo parametro può essere messo in relazione con lo stato di vecchiezza dell’acqua, ma più frequentemente è un indice di insufficiente funzionamento degli impianti di trattamento dell’acqua (in particolare della filtrazione).
Infatti un eccessivo incremento della materia organica è un indice soprattutto di scarsa rimozione non necessariamente imputabile alla “qualità” del filtro ma anche ad una eccessiva quantità di bagnanti o ad una eccessiva velocità di filtrazione (si assume che una buona filtrazione possa rimuovere circa il 50% del carico organico). In ogni caso, poiché l’incremento di materia organica finisce poi per ripercuotersi sulla limpidezza dell’acqua, quest’ultimo parametro diviene più importante giacché la sostanza organica in quanto tale non è da considerare come un vero e proprio inquinante.
Inoltre lo stesso metodo di determinazione (Kubel) ha dei limiti propri di significatività abbastanza importanti.
Non di meno è giusto e corretto che una parametrazione sul loro incremento venga evidenziato in quanto un aumento abnorme di materia organica è certamente indice di altrettanto abnorme cattivo funzionamento del “sistema” piscina e richiede quantomeno un accertamento delle cause che lo determinano.

5.8 – PARAMETRI MICROBIOLOGICI
Una delle tematiche più controverse nel campo del trattamento dell’acqua è costituito dall’analisi microbiologica. Ciò soprattutto in rapporto a tre considerazioni:
I) l’indagine microbiologica è per sua natura complessa e quindi anche costosa;
II) l’indagine microbiologica è pure molto lunga e quindi la risposta può giungere in tempi eccessivi per la protezione del bagnante;
III) i microorganismi di possibile presenza nell’acqua sono innumerevoli: alcuni sono patogeni (per fortuna in numero minore) ed altri no; alcuni sono ubiquitari nell’ambiente ed altri sono invece specifici da inquinamento animale/antropico; alcuni possono essere uccisi o inattivati facilmente ed altri richiedono dosi massicce di disinfettante (e talvolta non basta).

 

Di conseguenza una costante di tutte le normative, leggi, ecc. che prevedono una parametrazione delle caratteristiche microbiologiche dell’acqua sottendono sempre due presupposti:
I) ridurre al minimo possibile il numero dei parametri da controllare e adottare la metodica più semplice;
II) fare in modo che quei pochi parametri siano significativi e rappresentativi dello stato di inquinamento dell’acqua tenendo conto dell’origine del campione.
Dalle tabelle riassuntive riportate precedentemente, a parte le differenze numeriche, risultano evidenti i diversi approcci ai due assunti:
Norma “Aqua Italia”: si trascura quasi del tutto la possibile presenza di patogeni “tipici”, mentre si danno valori molto bassi per la conta totale e addirittura il valore “zero” per l’Escherichia Coli. Cioè si ha una parametrazione simile a quella dell’acqua potabile e semplificata.
In questo caso è evidente il principio che la bassa conta totale (e ancor più lo “zero” di E. Coli) presuppone una buona presenza di agente disinfettante e quindi, per conseguenza, una probabile assenza di altri patogeni sensibili all’azione del Cloro libero.
Circolare Reg. E.R. N. 32 – Anche se con alcune significative diversità, la circolare ha un approccio simile a quello della Norma Aqua Italia.
Circolare N. 128 Min. San. – A parte la conta totale e l’analisi dei Coliformi totali, la circolare introduce un tipico e specifico microorganismo patogeno: lo Stafilococco aureus per il quale si dà il valore 10/100 ml.
Atto di intesa e Norma UNI – Rispetto ai parametri microbiologici questi due documenti sono identici e, allo stesso modo, considerano Pseudomonas spp. e Stafilococco spp. Poiché si ritiene che di fatto la Norma UNI abbia ricopiato acriticamente i valori dell’Atto di Intesa, è interessante osservare che la scelta Ministeriale di analizzare la “specie” è probabilmente una scelta tecnico-statistica.

 

Ossia l’analisi della “specie” è da un lato più semplice e, d’altro lato, il rispetto del suo valore parametrato rende improbabile la presenza dei microorganismi patogeni che fanno parte della specie (cioè lo Stafilococco aureus e la Pseudomas aeruginosa).
Sicuramente questa considerazione statistica è quantomeno discutibile (basta pensare alle modalità con le quali i microorganismi sono apportati nell’acqua….) ma è comunque ragionevole e sensata rispetto al problema della semplificazione.
Rimane comunque il fatto che queste importanti diversità di approccio analitico hanno portato una grande confusione riguardo ai controlli delle autorità sanitarie.
Ad esempio se il microbiologo ha determinato lo Pseudomonas aeruginosa al valore di 10/100 ml, in quale misura si può considerare rispettato il valore di 10/100 ml relativo invece a Pseudomas spp? Lo stesso quesito si può porre per la ricerca di Stafilococco aureus rispetto a Stafilococci spp.
A buon senso (o meglio per confronto con altre normative europee) la risposta dovrebbe essere “no” dal momento che in queste normative ricorre il valore “0” per entrambi patogeni.
Tuttavia il problema (anche formale) rimane irrisolto.

6) VALUTAZIONI E CONSIDERAZIONI RIGUARDO ALLA FUNZIONALITA’ DEL “SISTEMA” PISCINA
Nella precedente tabella del Cap. 4 di raffronto relativa ai criteri di dimensionamento impiantistici e funzionali della piscina (dimensioni vasca, tempi di ricircolo, potenzialità dei filtri, numero dei bagnanti, ecc.) risulta che tutte le norme sono sostanzialmente identiche eccetto quella di “Aqua Italia”.
Premesso che un sistema piscina può essere valutato in termini di bilancio di massa (inquinamento apportato dai bagnanti, capacità di rimozione dello stesso inquinamento da parte dei filtri), è chiaro che l’unica vera variabile è proprio costituita dall’inquinamento mentre tutti gli altri elementi del sistema sono solitamente delle costanti.

 

E’ perciò inimmaginabile che, pur nelle tolleranze ammesse, l’acqua di vasca possa essere costante al variare del carico di bagnanti (né l’imposto valore di minimo ricambio di acqua cambia granché le cose).
Il problema è dunque di stabilire se la fissazione del numero massimo orario di bagnanti cautela circa la possibilità che le fluttuazioni di carico possano o meno portare al superamento dei parametri di qualità.
Anche per questo problema si è adottata una soluzione tecnico-statistica di compromesso basata sui seguenti principi:

– statisticamente le piscine hanno una frequentazione mediamente simile caratterizzata da picchi elevati di presenze pari al massimo consentito cui si alternano periodi più lunghi di minori presenze o di assenza totale (ore notturne).
Esiste quindi la possibilità per il sistema di “smaltire” più o meno rapidamente l’inquinamento di punta.
– una piscina rappresenta di solito un grosso investimento economico e, logicamente, si cerca di risparmiare. Pertanto l’affidamento statistico di cui sopra diventa la base progettuale correntemente seguita e “storicamente” affidabile.
– che il carico inquinante di picco non sia di solito considerato un problema, è ulteriormente dimostrato dal fatto che il numero massimo di bagnanti è di norma basato su criteri di affollamento, di reciproco disturbo e di sicurezza piuttosto che di inquinamento.

La conseguenza di quanto sopra è quindi che se le condizioni reali di esercizio si discostano sensibilmente da quelle statistiche il sistema entra inevitabilmente in crisi.
D’altra parte neppure la parametrazione di un indice di vecchiezza dell’acqua (i famigerati “Cloruri”) offre sufficienti garanzie sia perché, come detto, con il trattamento chimico dell’acqua è possibile limitarne o esaltarne la concentrazione sia perché il parametro più significativo dell’inquinamento è in realtà costituito dalla concentrazione di sostanza organica.

 

In conclusione quindi i risultati di funzionamento sono soddisfacenti solo se la frequenza dei bagnanti rispetta le “regole del gioco” statistico.
Questa situazione è ulteriormente resa critica dai seguenti “normali” fatti.
– il progettista di una piscina quasi mai conosce per tempo quale potrà essere il numero dei bagnanti, e ancor meno come questi si distribuiscono nell’arco dell’orario di apertura. Quest’ultimo poi può essere a sua volta allargato in tempi successivi. In questi casi raramente si adottano criteri prudenziali (al contrario…)
– nelle gare di appalto gli impiantisti riducono il più possibile il costo riducendo, ad esempio, la dimensione o il numero dei filtri al limite (o al di sotto) di ogni più ottimistica “statistica”
– l’acqua costa sempre di più (in particolare quella calda) ed i ricambi obbligatori sono raramente rispettati.
Già sarebbe un risultato importante indicare il massimo numero di bagnanti giornaliero in aggiunta a quello di picco.
Fa eccezione a questo quadro normativo la Norma di Aqua Italia che ha almeno tentato di correlare l’apporto di inquinamento alle modalità di funzionamento della piscina (per la verità un timido accenno al problema si trova anche nella Circolare N. 128 laddove si consiglia una “congrua” ma imprecisata sosta tra due turni successivi di balneazione).
Per maggior chiarezza se ne riporta il testo integrale con relativo grafico

6.1 – RAPPORTO DIMENSIONI VASCA, NUMERO PERSONE, DIMESIONAMENTO IMPIANTO TRATTAMENTO ACQUA
La capacità dell’impianto espressa come numero di bagnanti “N” ed il relativo flusso di ricircolo “Q” si calcolano in base alle seguenti equazioni

N= Q x Cs = S/f (persone/ora)

Q= S/ f x Cs (mc/ora)

in cui:
N : Numero persone per ora (massimo ammissibile)
Q : Flusso di ricircolo in m3/h
cs : Coefficiente di carico specifico in persone/m3
S : Superficie vasca in m2
f : fattore di carico (m2 . h / persone)

la formula è applicabile:
– conoscendo le dimensioni della vasca per definire il numero dei frequentatori e la potenzialità dell’impianto di trattamento dell’acqua;
– oppure conoscendo il numero dei frequentatori per definire le dimensioni della vasca e la potenzialità dell’impianto di trattamento dell’acqua;
– oppure conoscendo il numero dei frequentatori e le dimensioni della vasca per definire la potenzialità dell’impianto di trattamento dell’acqua (qualora la frequenza prevista sia inferiore alla massima ammissibile).

6.1.1 – Massime presenze orarie e giornaliere (N)
Il funzionamento di un impianto natatorio è determinato dall’afflusso di persone, che determinano anche il carico inquinante e, conseguentemente, il dimensionamento dell’impianto di trattamento dell’acqua.
E’ quindi indispensabile effettuare un controllo che potrà essere meccanico o visivo del numero dei frequentatori massimi orari e massimi giornalieri per ogni vasca, affinché possano essere mantenute dagli impianti le caratteristiche dell’acqua richieste.
Per agevolare il calcolo della punta massima di frequenza oraria, conoscendo la frequenza giornaliera o viceversa, si applicano i coefficienti riportati nella tabella in funzione delle ore di esercizio.

 

Coefficiente per calcolare la frequenza massima oraria:

ore di esercizio coefficiente di frequenza
5 frequenza giorn. x 0.53 = max freq. oraria
6 frequenza giorn. x 0.45 = max freq. oraria
7 frequenza giorn. x 0.39 = max freq. oraria
8 frequenza giorn. x 0.35 = max freq. oraria
9 frequenza giorn. x 0.31 = max freq. oraria
10 frequenza giorn. x 0.28 = max freq. oraria
11 frequenza giorn. x 0.26 = max freq. oraria
12 frequenza giorn. x 0.24 = max freq. oraria
13 frequenza giorn. x 0.22 = max freq. oraria

14

frequenza giorn. x 0.21 = max freq. oraria

 

6.1.2 – Fattore di carico (f)
Il fattore di carico “f” rappresenta il numero massimo di utenti presenti contemporaneamente nella vasca. Il fattore di carico “f” dipende dal tipo di vasca in funzione del rapporto superficie – volume, secondo la seguente tabella:

Profondità max vasca Valore “f”
m 0.4 2.7

m 0.9

2.7
m 1.5 4
m 2 4.5
sup. a m 2 e vasche tuffi 4.5
   

 

In caso di vasche a profondità diverse, dovranno essere utilizzati valori di “f” diversi per ciascuna profondità in rapporto alla rispettiva superficie.

6.1.3 – Coefficiente (cs)
Il coefficiente di “cs” definisce, relativamente ad un certo volume ed un certo tempo, il numero di persone il cui apporto inquinante potrà essere depurato soddisfacentemente dall’impianto di trattamento.

 

Il coefficiente di carico specifico “cs” definisce il rendimento dell’impianto di depurazione ed indica in termini di persona/m3 il carico inquinante che l’impianto di depurazione è in grado di smaltire.
Dati statistici indicano in 4 grammi l’apporto medio di sostanza organica per ogni bagnante.
Esistono cause, quali il diffuso impiego di sostanze protettive dell’epidermide, l’abbondante sudorazione dei bagnanti o altre condizioni eccezionali, che possono aumentare il carico inquinante per ogni bagnante fino al valore di circa 6 grammi di sostanze organiche.
La rimozione delle sostanze organiche è in funzione del tipo di trattamento e del carico inquinante ed in genere è compreso tra 1.5 e 2.5 g/m3 di acqua di ricircolo, si ha quindi:

Cs = rimozione inquinante/apporto inquinante (g/m3 / g/persona) = persona/m3

assumendo ad esempio un apporto inquinante di 4 g/persona ed una rimozione di 2 g/ m3 il cs sarà:

Cs = 2/4 = 0.5 = (persona/m3)

Ogni costruttore dovrà precisare in sede di progetto il coefficiente di carico specifico dei propri impianti da verificare all’atto del collaudo.

6.1.4 – Dimensionamento degli impianti
6.1.4.1. Portata acqua in ricircolo (m3/h)
Le formule precedentemente riportate sono state rappresentate nel grafico allegato, che consente il rapido dimensionamento degli impianti in funzione delle dimensioni della vasca, del fattore di carico “f”, del numero massimo di frequenza oraria “N” e del coefficiente specifico ” cs “.

 

L’uso indicato nell’esempio della tabella prospetta un dimensionamento dell’impianto di circolazione basato sulla superficie della vasca considerando il massimo valore “N” possibile in funzione dei diversi valori di ” cs ” e del fattore di carico “f”.
Tale situazione comporta il massimo sfruttamento della vasca degli impianti.
In casi di affluenza inferiore ai valori massimi di “N”, derivanti dall’applicazione della parte sinistra della tabella, è sufficiente dimensionare l’impianto utilizzando la sola parte destra partendo dal dato che deve essere noto: N massima affluenza progettuale e di collaudo di persone/h.
Nel caso di un complesso che preveda più vasche, tali controlli dovranno essere singoli per ciascuna vasca.
Nel caso di vasche di impianti natatori coperti, la massima affluenza oraria e giornaliera corrisponderà al numero degli ingressi registrati.
Nel caso invece di impianti natatori scoperti, tali valori corrispondono ai numeri rilevati dal conteggio dei bagnanti che avranno accesso su ciascun piano vasca opportunamente delimitato.
In quest’ultimo caso le dimensioni minime e massime del piano vasca vengono stabilite rispettivamente da 1,5 ¸ 2,5 m per i bordi laterali e da 3 ¸ 5 m per le testate.
In base ai dati di frequenza sarà possibile ridurre conformemente il funzionamento dell’impianto, parzializzandolo, purché siano sempre rispettati i dati imposti per le caratteristiche dell’acqua.
In tale modo sarà possibile, pur mantenendo inalterata la sicurezza igienico-sanitaria, realizzare una gestione sempre proporzionale alle effettive frequenze ed inoltre saranno evitati degli accessi di frequenza in vasca, superiori ai limiti di sicurezza.
Nelle offerte e nei contratti devono essere indicati i valori massimi di affluenza giornaliera e di affluenza oraria degli utenti.
Comunque nel dimensionamento degli impianti non si dovrà superare un tempo di ricircolo massimo di 6 ore e, limitatamente alla vasca dei tuffi, di 8 ore.

Nel caso di complesso natatorio con più vasche, potranno essere utilizzati separati per ciascuna vasca, oppure un unico impianto, la cui portata risulta dalla somma delle portate ricavate dal dimensionamento per le vasche utilizzate contemporaneamente in ogni caso, sulle tubazioni di immissione dalle singole vasche, dovranno essere installati degli indicatori di portata.

 

A commento di questo criterio è sufficiente dare un esempio pratico che poi il lettore potrà confrontare con un proprio caso reale.

Esempio:
orario di apertura : 12 ore
dimensioni vasca : 25 x 12.5 m – S = 312,5 m2
profondità : 1,5 m – V = 470 m3
valore “f” = 4
coefficiente specifico (medio) = 0,5

dal grafico ne viene:
– max. numero bagnanti orari : ~ 65
– portata in ricircolo : 150 m3/h
per calcolo si ricava inoltre che:

– tempo di ricircolo : 470/150 ~ 3h

– max numero bagnati giornaliero : 66/0.24= 275

E’ da dire che pure la Norma di “Aqua Italia” deve necessariamente ricorrere ad alcune assunzioni statistiche (ad esempio il coefficiente di frequenza) che tuttavia sono più ragionevoli.
In definitiva dunque il criterio più sicuro non può che essere empirico e a posteriori: ossia, con una valutazione sistematica dei parametri funzionali, definire il numero massimo bagnanti tollerati dal sistema nello stato in cui si trova.
Anche se la presente relazione prescinde ovviamente da considerazioni relative alla qualità dei materiali impiegati ed alla correttezza progettuale, conviene tuttavia sottolineare che le problematiche esposte possono essere aggravate o “alleviate” dalla qualità delle apparecchiature, in particolare da quelle di filtrazione, cui compete l’onere fondamentale di rimuovere ogni forma di inquinamento.

7) IL PROBLEMA DEL CONTROLLO DELLA PISCINA
Posto che la salvaguardia del bagnante è l’obiettivo prioritario del controllo della piscina, ne viene di conseguenza che la maggiore responsabilità è sulle spalle della gestione.
Tuttavia questa responsabilità sarebbe piena solo se potesse anche prendere importanti decisioni quale quella da decidere di limitare l’accesso dei frequentatori e al limite di decidere sulla chiusura degli impianti.
In ogni caso è giusto ed importante che vi sia un controllo pubblico rispetto al quale si hanno due livelli di problemi:
I) il primo e più importante problema è quello della tempestività del risultato del controllo e della immediata applicazione delle eventuali conseguenti decisioni. Purtroppo invece i referti analitici giungono con grave ritardo, possono essere contestati con relativa facilità e ad un successivo controllo possono non corrispondere alla situazione precedente;
II) il “protocollo” ispettivo è spesso carente e affidato ad inesperti. Ad esempio è importante che i parametri analitici corrispondano con quelli adottati dalla norma di riferimento e che la strumentazione sia adeguata.
Inoltre è importante che il prelevatore conosca bene dove prelevare i campioni per consentire non solo di “fotografare” un istante indeterminato rispetto alle condizioni di esercizio (ad esempio non valutando l’andamento delle presenze dei bagnanti anche pregresso) ma anche di valutare la dinamica del processo depurativo (ad esempio con prelievi all’uscita dei filtri) oppure “mirando” il momento del prelievo oppure ancora eseguendo più controlli nella stessa giornata “tipica”.

Evidentemente ciò richiede una preparazione specifica per i prelevatori ed anche una certa “sensibilità” di giudizio.
Inoltre occorre che il sistema di controllo possa essere attuato sul posto mediante rapide, semplici e significative metodiche analitiche.

 

Ad esempio, nell’esperienza dello scrivente, allorquando l’acqua di vasca soddisfa contemporaneamente i requisiti di qualità richiesti per i parametri torbidità, pH, Cloro libero e combinato, ben difficilmente quell’acqua pone rischi rispetto ad altri parametri di più lunga e complessa determinazione (materia organica, analisi microbiologiche, ecc.).
Senza contare che, appunto, la necessaria apparecchiatura per queste analisi è affidabile, di basso costo, sistemabile in una “valigetta” di modesto ingombro e che, soprattutto, consente di valutare immediatamente lo stato dell’acqua.
Ciò non elimina la necessità di altre analisi che però potranno essere limitate alla verifica di dubbi o di situazioni sospette