Durante l’estate scorsa le piscine all’aperto tedesche — tradizionalmente associate a momenti di relax — sono state teatro di episodi tutt’altro che spensierati. Numerose donne hanno raccontato di essere state oggetto di attenzioni invadenti e comportamenti inappropriati: sguardi insistenti, commenti a sfondo sessuale, push non richiesti. Un clima che molte hanno descritto come degradante, raccontando di aver percepito se stesse come “selvaggina” in un ambiente pensato per la tranquillità, non per il disagio.
Queste testimonianze rivelano una realtà ben più radicata di quanto potrebbe sembrare: non si tratta di goliardia estiva, bensì di una forma di molestia ambientale che instilla senso di paura e rende impossibile godersi spazi pubblici senza ansia. La percezione di sentirsi costantemente osservate o vulnerabili ha spinto molte a evitare del tutto questi luoghi, scegliendo di rinunciare al relax o di coprirsi più di quanto desiderato, nella speranza di non attirare attenzioni.
Un fenomeno in crescita
I dati della polizia tedesca confermano che il problema è aumentato negli ultimi anni: tra il 2013 e il 2016 si è registrato un significativo incremento dei reati a sfondo sessuale nelle piscine, con una nuova forma di aggressione che ha portato a un allarme pubblico più ampio. In certi luoghi la preoccupazione era tale da spingere a misure drastiche, come il controllo dell’ingresso, il rafforzamento della presenza delle forze dell’ordine e l’introduzione della sorveglianza video.
Le autorità hanno iniziato anche campagne sensibilmente mirate, volte a prevenire comportamenti inappropriati. Per esempio, a Colonia è stata lanciata l’iniziativa Ich sag’s (“Lo dico!”), che invita bambini e giovani a segnalare situazioni spiacevoli anche tramite strumenti visivi come i salvagenti rossi e bianchi. Anche il personale delle piscine viene formato per affrontare questo tipo di situazioni.
Il cuore del problema non sta solo nei singoli atti di molestia, ma nella normalizzazione di tali comportamenti.
Quando sguardi pesanti o spintoni vengono minimizzati come “frasi innocue da spiaggia”, si crea una cultura che legittima l’invasione e legittima il controllo sui corpi delle donne.
Il caso di pannelli informativi distribuiti in alcune piscine del sud della Germania, in più lingue e illustrati, sembra un tentativo concreto di far comprendere a tutti – abitanti e turisti – che certe condotte non sono tollerate.
Tuttavia, pur necessarie, le campagne non bastano. Serve una mentalità collettiva che impari a difendere i diritti di chi frequenta spazi pubblici, attivando una responsabilità di gruppo. Più che strategie difensive individuali, servono regole chiare (es. prenotazioni online, controlli all’ingresso), personale formato e la certezza che la denuncia non resterà lettera morta: lo Stato tedesco, con il suo intervento diretto attraverso il Senato e le istituzioni locali, lo ha messo nero su bianco.
Libere di nuotare: fino al topless, senza fastidi
Nel panorama tedesco si è assistito anche a battaglie sui diritti di nudità nelle piscine. A Berlino, una sentenza ha sancito che le donne possono rimuovere il reggiseno in spazi pubblici e da allora le piscine della capitale non discriminano più il topless femminile.
Allo stesso modo, altre città come Gottinga e Siegen hanno seguito l’esempio, con regolamenti ufficiali che permettono la balneazione topless. Tuttavia, riconoscere pari diritti nella scelta del costume non elimina i rischi: le molestie, di sguardi o fisiche, restano un ostacolo serio alla libertà di godersi l’acqua.
Gli spazi pubblici non sono negoziabili
Le piscine all’aperto sono, per tutte, un diritto alla cura di sé, al fresco, alla socialità. Quando questi luoghi diventano insicuri, non è solo un problema individuale: è una ferita alla convivenza civile. Germania e Italia — e ovunque sussistano molestie quotidiane — devono affrontare il problema su più livelli: cultura, prevenzione, sicurezza, formazione.
Le donne non devono più sentirsi bersagli sotto il sole. Rispettare confini e dignità non è un favore: è un dovere. Solo così anche un tuffo in piscina diventerà davvero un momento di libertà.
[Fonti: feministpost.it, dagospia.com, koelnbaeder.de, alfemminile.com]