Riportiamo la mail:

La cronistoria recente ci ha reso testimoni della confusa e sofferta applicazione della DGR 8/2552 della Regione Lombardia alle piscine condominiali. Ricordiamo le varie interpretazioni ufficiali tra cui quella del 19/02/2007 che recitava: In particolare, è da chiarire che il piano di autocontrollo, a carico del titolare dell’impianto, si rifà ai principi del documento di valutazione dei rischi del paragrafo “Controlli interni ed esterni” del capitolo “Requisiti generali” e che tale piano di autocontrollo deve essere messo a disposizione…………..

La redazione dei modelli di piano di autocontrollo ex DGR 8/2552 per gli amministratori (sono loro che lo emettono) a tutela degli utenti è parte della mia attività professionale. Inutile raccontare delle interpretazioni personalizzate e degli atteggiamenti degli amministratori. Sembrava certo che tutti fossero consapevoli che trattavasi come trattasi di rischi per gli utenti.

Sembra tuttavia che ora vi sia ulteriore rischio di confusione, appunto, e mi scuso per la confusione di termini, sulla valutazione dei rischi.

Si perché anche il D.Lgs 81/08 parla di rischi, ma dei lavoratori (quindi personale che lavora negli impianti, non utenti condomini). Ecco allora che viene richiesto, ex D.Lgs 81/08, come fosse atto dovuto, il documento di valutazione dei rischi per il personale che lavora negli impianti a chi si è occupato della sicurezza degli utenti.

A me pare che ogni commento sia superfluo, ma se vi pare è gradito il vostro, magari tramite articolo. Lettera firmata

La Regione Lombardia ha normato le piscine condominiali attraverso la Delibera di Giunta Regionale (nota come D.G.R.) n.8/2552 nel 2006. Come forse qualcuno di voi ricorda, ci fu ai tempi una vera e propria “sollevazione popolare” dei titolari di appartamenti in residence e condomini, che rifiutarono a priori il concetto stesso di normare una proprietà che, a loro dire e sentire, è a tutti gli effetti privata. In realtà la proprietà delle parti comuni di un condominio non è affatto privata, ma tale protesta fu così forte che la Regione, assediata da continue e pressanti richieste di chiarimento, si sentì costretta a rispondere per iscritto alle richieste con la volontà di fare appunto chiarezza ma rendendo, di fatto, la situazione ben più complicata di quanto già non fosse.

Uno degli aspetti che generano confusione è quello relativo alla valutazione dei rischi in piscina. La D.G.R. al paragrafo “Controlli interni” recita:

I controlli interni devono essere eseguiti, nel rispetto delle procedure della qualità, secondo protocolli di gestione e di autocontrollo; a tal fine il responsabile dell’attività deve redigere un documento di valutazione del rischio, in cui è considerata ogni fase che potrebbe rivelarsi critica nella gestione dell’attività.

Il documento deve tenere conto dei seguenti principi:

– analisi dei potenziali pericoli igienico-sanitari per la piscina, con particolare riguardo alla prevenzione della legionellosi;

– analisi dei potenziali pericoli per la sicurezza di frequentatori e bagnanti;

– individuazione dei punti o delle fasi in cui possono verificarsi tali pericoli e definizione delle relative misure preventive da adottare; .

– individuazione dei punti critici e definizione dei limiti critici degli stessi;

– definizione del sistema di monitoraggio;

– individuazione delle azioni di prevenzione e protezione nonché di correzione;

– verifiche del piano e riesame periodico, anche in relazione al variare delle condizioni iniziali, delle analisi dei rischi, dei punti critici, e delle procedure in materia di controllo e sorveglianza.

 In una delle successive note fatte circolare dalla Regione, si precisa:

(…) Pertanto il paragrafo “Controlli interni ed esterni”, che prevede la predisposizione di un documento di valutazione del rischio, non si applica alle piscine condominiali sia esistenti che di nuova realizzazione.(…) In particolare, è da chiarire che il piano di autocontrollo, a carico del titolare dell’impianto, si rifà ai principi del documento di valutazione dei rischi del paragrafo “Controlli interni ed esterni” del  capitolo “Requisiti generali”  e che tale piano di autocontrollo deve essere messo a disposizione, da parte del titolare dell’impianto, in caso di verifiche ed ispezioni dell’ASL; l’obbligo di relazione del piano di autocontrollo vige dal 5.07.06 e sussiste, ovviamente, solo se la piscina è in esercizio.

Quindi, appare evidente che non vi è nessuna possibilità di pretendere, da parte dell’Amministratore, un documento di valutazione dei rischi relativi all’ambiente piscina da parte di un consulente che abbia redatto il piano di autocontrollo.

Si tratta, come ben specifica il nostro lettore, di due documenti che hanno finalità molto diverse tra loro: il primo è relativo all’informazione sui rischi specifici che l’Amministratore è obbligato a fornire ad ogni ditta che esegue lavori all’interno del condominio, secondo quanto previsto dal decreto 81/08; il secondo è un manuale redatto con il fine di tutelare la sicurezza degli utenti della vasca.

E’ evidente che la natura dei due rischi è completamente diversa, poichè un operaio non fa il bagno nella piscina e non è soggetto ai rischi chimici e microbiologici ai quali invece è soggetto un bagnante; altresì, un bagnante non utilizza strumenti con connessioni elettriche in prossimità della vasca.