Due recenti ordinanze della Corte di Cassazione riguardanti i profili fiscali delle ASD
Ordinanza n° 12352 del 18 Maggio 2018 e n° 12426 del 21 Maggio 2018
Premessa utile al lettore: è importante sottolineare che la Corte di cassazione non giudica sul fatto ma sul diritto: il suo ruolo non è quello di riesaminare prove, bensì quello di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che, nei precedenti gradi, il processo si sia svolto secondo le norme vigenti.
Un ulteriore parere della suprema Corte di Cassazione conferma come la sola affiliazione al CONI non basta per usufruire delle agevolazioni fiscali riservate alle Associazioni Sportive Dilettantistiche. Infatti rientra in questo filone giurisprudenziale l’ordinanza n° 12352 del 18.05.2018 (udienza del 26.02.2018) che si è pronunciata su un ricorso proposto dalle Agenzie delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (n° 5743 del 2016). Quest’ultima aveva annullato un avviso di accertamento riguardante il lavoro degli istruttori in una ASD, i quali secondo i rilievi Inail, erano conformati come prestazioni di lavoro dipendente con la conseguente richiesta di recupero delle ritenute previdenziali per l’anno 2009.
A questo punto l’Agenzia delle Entrate ricorre denunciando la “…..violazione degli artt. 67 e 69 d.P.R. 917/1986, per aver il giudice d’appello riconosciuto il trattamento agevolato dei compensi erogati dall’associazione ai propri istruttori nonostante costoro operassero nell’àmbito di un’attività sostanzialmente commerciale.”
La Corte di cassazione sposa il ricorso proposto dal ricorrente formulando: “a norma degli artt. 67 e 69 TUIR, beneficiano del regime di parziale non imponibilità i compensi che l’associazione eroga agli istruttori nell’esercizio diretto dell’attività sportiva dilettantistica e non anche quelli erogati nell’àmbito di un’attività sostanzialmente commerciale, essendo insufficiente ai fini del trattamento agevolato il mero riconoscimento da parte del CONI della qualifica sportiva dilettantistica dell’associazione erogante (Cass. 23789/2016 Rv. 641752); nella specie, assumendo come rilevante «unicamente che le somme siano erogate da una società o associazione sportiva riconosciuta dal CONI», il giudice d’appello ha violato il superiore principio di diritto, ciò che l’ha indotto a trascurare quanto riportato nell’avviso di accertamento (riprodotto in ricorso per autosufficienza) circa i rilievi INAIL sulla conformazione delle prestazioni degli istruttori………. come autentiche prestazioni di lavoro dipendente.”
Il giudice deve valutare gli indizi nella sua globalità
In questo caso la Corte di Cassazione, dietro ricorso di una ASD, è stata chiamata a valutare la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n° 7590/40/16. Il ricorso “…… denuncia violazione degli artt. 143, 148 d.P.R. 917/1986, art. 4 d.P.R. 633/1972, art. 2729 c.c., per aver il giudice d’appello ritenuto commerciale l’attività di …………. sulla base di un ragionamento presuntivo errato.”
Secondo la Corte di cassazione il “…….giudice di merito deve valutare gli indizi nella globalità, per accertare se la loro combinazione sia idonea a fornire una prova che magari non potrebbe dirsi raggiunta sulla base di una considerazione atomistica (Cass. 9108/2012 Rv. 622995, Cass. 5374/2017 Rv. 643327); nella specie, il giudice d’appello ha correttamente applicato questo principio di diritto, risalendo alla natura commerciale dell’attività dell’ente dalla lettura sintetica di indizi plurimi, attinenti non soltanto alla conformazione sinallagmatica degli esborsi dei soci (proporzionali agli orari delle lezioni), ma anche all’«utilizzo di forme di sponsorizzazione-pubblicitarie a pagamento».
Dott. Gianluca Bigi