Prendiamo spunto da un articolo pubblicato su www.puntosicuro.it (leggi l’originale)  di seguito riportato, per chiarire in quali situazioni è obbligatoria la sorveglianza sanitaria. Leggendo l’elenco dei casi nei quali tale aspetto viene considerato rilevante per la salute del lavoratore, si nota che molte delle situazioni riportate sono presenti anche nelle aziende che operano nel nostro settore. In particolare il lavoro a videoterminale, il rumore, gli agenti chimici.

Da ciò si deduce che anche le aziende, le società o le associazioni che gestiscono piscine oppure le costruiscono sono soggette alla sorveglianza sanitaria. Come e quando che lo spiega molto chiaramente l’articolo di Marco Bottazzi:

La sorveglianza sanitaria ed il giudizio di idoneità


Il D.Lgs. 81/2008 in continuità con la precedente normativa prevede un coinvolgimento globale del medico-competente (analisi DVR, sopralluogo annuale, riunione periodica, relazione sanitaria annuale, organizzazione del P.S., formazione e informazione, attuazione di programmi di promozione della salute) e, dunque, la sorveglianza sanitaria è solo uno dei momenti, pur se il più noto, di tale coinvolgimento.

 
La sorveglianza sanitaria diviene obbligo nel momento in cui la VDR evidenzi un rischio per la salute e tale rischio rientri fra quelli per cui vige previsione normativa.
 
Gli articoli del D.Lgs. 81/2008 che prevedono obbligo di sorveglianza sanitaria sono:
168: movimentazione manuale di carichi;
176; videoterminali;
185: agenti fisici;
196; rumore;
204: vibrazioni;
211: campi elettromagnetici;
218: radiazioni ottiche;
229: agenti chimici;
242: agenti cancerogeni e mutageni;
259: amianto;
279.281: agenti biologici.
 
Ricordiamo che per quanto riguarda la sorveglianza sanitaria in materia di lavoro notturno, gravidanza, disabili e minori si continua a far riferimento alle normative specifiche.
Nei casi ed alle condizioni previste dalla normativa le visite periodiche sono finalizzate, anche, alla verifica delle condizioni di alcool dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti (art, 41 comma 4). Le visite di cui al D.Lgs. 81 hanno, dunque, un carattere sia preventivo che periodico.
 
La sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 viene effettuata;
1) preventivamente da espletare cioè prima dell’immissione alla mansione a rischio per constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati
2) periodicamente a determinati intervalli di tempo durante il rapporto di lavoro per controllare che l’esposizione ai rischi non abbia prodotto danni ma anche per evidenziare effetti precoci sulla salute correlati all’esposizione professionale sia periodico e verificare, dunque, la permanenza dell’idoneità lavorativa.
3) in occasione del cambio di mansione;
4) su richiesta del lavoratore se correlata al rischio o se il lavoratore ritiene che le sue condizioni di salute siano suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa e la stessa sia ritenuta dal mc correlata ai rischi;
5) alla cessazione del rapporto di lavoro.
 
Il recente decreto legislativo 106 all’articolo 26 (che introduce modifiche all’articolo 41 del D.lgs. 81/2008) ha abolito il divieto all’effettuazione da parte del datore di lavoro (tramite il medico competente) delle visite in fase di pre-assunzione. In tal modo la visita “preventiva in fase pre-assuntiva” viene a coincidere con la visita di idoneità alla mansione specifica.
La norma prevede la possibilità che tali visite preventive in fase pre-assuntiva possano essere svolte sia ad opera del medico competente che ad opera dei Servizi di prevenzione delle ASL. La visita pre-assuntiva deve essere esclusivamente legata ad una mansione per la quale sia prevista la sorveglianza sanitaria.
 
Nel caso in cui la visita medica pre-assuntiva sia effettuata dal medico-competente è previsto che il lavoratore giudicato non-idoneo possa presentare ricorso “entro trenta giorno dalla data di comunicazione del giudizio medesimo” all’organo di vigilanza territorialmente competente.
A fronte di questa innovazione normativa appare fondamentale ribadire che il giudizio di idoneità (anche quello espresso in fase pre-assuntiva) è finalizzato a verificare il possesso da parte del lavoratore delle caratteristiche fisiche a svolgere la mansione e che detta mansione non possa determinare un danno alla salute del lavoratore. E’, dunque, chiaro che non devono incidere sulla formulazione del giudizio altri fattori, quali ad esempio: la titolarità dei benefici di cui alla legge 104, la previsione di una maggiore morbilità da quadri patologici non interferenti con il lavoro ecc.
 
La norma prevede, inoltre, che a seguito di assenza dal lavoro per motivi di salute di durata superiore ai 60 giorni consecutivi, il lavoratore debba essere, prima di riprendere il lavoro, sottoposto a visita medica ad opera del medico competente per verificare la idoneità alla mansione.
Anche in questo caso la visita dopo “lunga malattia” presuppone necessariamente una delle ipotesi di sorveglianza sanitaria, in assenza di tale presupposto tale visita dovrà essere considerata illegittima.
 
Il decreto indica che l’assenza dal lavoro deve essere stata motivata da problemi di salute e dunque l’accertamento da parte del medico competente deve essere effettuato dopo assenza per:
1) malattia comune;
2) infortunio
3) malattia professionale;
4) incidente grave.
 
La normativa in tema di igiene e sicurezza sul lavoro include la sorveglianza sanitaria fra le misure generali di tutela della salute e tale sorveglianza viene posta nella parte finale di una sequenza che è, anche, indicativa di una gerarchia e di una priorità d’intervento che privilegia l’eliminazione o la riduzione del rischio.
 
La sorveglianza sanitaria effettuata dal “medico competente”, previsto e definito nelle sue caratteristiche professionali, è obbligatoria se dalla valutazione dei rischi sono emerse esposizioni per le quali la normativa vigente ne preveda l’obbligo e per i soli lavoratori esposti. Tale normativa va tenuta distinta da quelle leggi speciali che prevedono l’ottenimento di particolari “tessere-patenti-abilitazioni”.
A questo secondo gruppo dobbiamo, poi, aggiungere alcune categorie di lavoratori impegnati in attività di lavoro che richiedono efficienza fisica e psichica per la complessità dei compiti e le responsabilità che ne derivano: ferrovie, navigazione, portuali, guida di autoveicoli per trasporto persone, ecc. e per i quali i due regimi si sovrappongono. In tutti gli altri casi il datore di lavoro ha la possibilità, per il combinato disposto del 1° e 2° comma dell’art. 5 della legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) di richiedere alla struttura pubblica un giudizio ed un accertamento sull’idoneità al lavoro, come pure sull’infermità per malattia o infortunio del dipendente.
 
L’attività del medico competente è subordinata all’ottenimento del consenso all’atto medico cui il lavoratore è obbligatoriamente sottoposto, ottenimento che deve essere subordinato ad una adeguata informazione sugli obiettivi, sui metodi e sui benefici che si intendono raggiungere in seguito all’accertamento sanitario finalizzato.
Naturalmente il medico deve informare il lavoratore sui rischi a cui è esposto e sui risultati degli accertamenti sanitari. Al termine degli accertamenti sanitari preventivi e periodici il medico-competente deve esprimere un giudizio di idoneità alla mansione specifica, da intendere come idoneità al lavoro specifico e non come idoneità specifica al lavoro, proprio per sottolineare che la specificità è essenzialmente da riferire al lavoro organizzato e non al soggetto.
 
Il medico competente esprime, quindi, il giudizio di idoneità, con questo termine si intendono diverse eventualità definite dettagliatamente dalla norma:
a) una idoneità assoluta per la quale, oltre a non sussistere condizioni patologiche che potrebbero trarre danno dall’espletamento della mansione lavorativa, non si ritrovano quelle modificazioni biologiche che richiedono interventi sull’ambiente, sull’organizzazione del lavoro e/o sull’uomo;
b) una idoneità parziale, condizionata cioè da fattori legati al rischio professionale – come l’obbligo dell’uso di mezzi di protezione individuale – o da alcune menomazioni, che possono negativamente incidere sulla mansione lavorativa (divieto di lavoro su piani rialzati, su scale, ecc.) o, infine, dalla presenza di indicatori biologici di effetto che sono espressioni di un danno biologico. Tale idoneità parziale o con prescrizioni potrà avere carattere temporaneo o permanente;
c) non-idoneità, quando sussistono condizioni patologiche, sopratutto degli organi impegnati nei processi di bio-trasformazione dei tossici industriali ovvero quando l’impegno funzionale richiesto dall’espletamento della mansione si rivolge ad organi già menomati. Tale non-idoneità potrà avere carattere temporaneo o permanente.
 
Nel caso di espressione di una temporaneità del giudizio i medico deve precisare i limiti temporali di validità del suo giudizio (art.41 comma 7).
Avverso il giudizio del medico competente è ammesso ricorso, entro 30 giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all’organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso (art. 41 comma 9).
 
La normativa chiarisce che è ammesso il ricorso anche in caso di giudizio di idoneità. L’articolo 42 del D.Lgs. 81/2008 indica che nel caso di inidoneità alla mansione specifica il datore di lavoro debba adibire il lavoratore “ove possibile” ad altra mansione compatibile con lo stato di salute.
L’accento posto dalla normativa sull’ambiente di lavoro comporta che l’idoneità non possa essere concessa in astratto ad una determinata mansione, ma va riferita quella mansione, in quel posto di lavoro, in quella fabbrica in cui esiste una precisa organizzazione del lavoro che determina tempi e modalità di esposizione a specifici rischi
E a questo il medico viene indirizzato dall’obbligo, che gli deriva per legge, di visitare periodicamente i posti di lavoro. Il giudizio d’idoneità, oltre a risvolti prettamente sanitari, può comportare conseguenze gravi per il lavoratore; infatti l’ idoneità fisica, come più volte ribadito dalla Cassazione, deve essere riferita al possesso da parte del lavoratore delle capacità comunemente necessarie per lo svolgimento delle attività lavorative oggetto del contratto di lavoro. Il contratto di lavoro è pertanto un negozio a prestazioni corrispettive, caratterizzato da una reciprocità tra attività lavorativa e retribuzione, in cui ciascuna parte deve la sua prestazione solo se l’altra rende la propria: dunque lo stipendio in cambio della prestazione d’opera.
 
La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che la non idoneità permanente consenta il recesso del contratto. Ma il contratto può essere rescisso anche nel caso di una impossibilità parziale del lavoratore, qualora il datore di lavoro dimostri di non potere ricollocare quel lavoratore all’interno dell’azienda in attività confacenti anche di livello inferiore.
 
Ciò impone che il datore di lavoro, con l’ausilio del medico competente, operi attivamente per individuare all’interno dell’azienda una adeguata collocazione del dipendente e che si pervenga a definire delle misure di sostegno che favoriscano il mantenimento in azienda del lavoratore, e questo ancor di più nei casi in cui si sia in presenza di una inidoneità che si può presumere temporanea anche se di lunga durata.
 
Per pervenire a tale risultato occorre che il medico competente attui ogni sforzo per uscire dalla consuetudine di formulare giudizi generici e, invece, pervenga ad adottare espressioni del tipo “idoneo limitatamente a..” seguite dall’elencazione dei compiti ancora possibili o dall’espressione delle condizioni di rischio ancora accettabili.
Ma sopratutto nel caso di inidoneità parziale, sia temporanea che permanente, il medico deve indicare quali siano i compiti e (o le esposizioni) che vanno evitate e, dunque, quale è il campo delle residue idoneità.
L’obiettivo prospettabile deve essere il pieno e proficuo inserimento nel proprio lavoro anche dei soggetti portatori di ridotte capacità lavorative, posto che le condizioni lavorative siano idonee o che vengano rese tali ad accogliere tutti i lavoratori.
 
Deve essere chiaro che la visita medica non è diretta a selezionare soggetti superdotati e che in nessun modo essa può ridurre l’impegno a realizzare le migliori condizioni di sicurezza, igiene e benessere sul posto di lavoro.
In sede di visita pre-assuntiva occorrerà anche indagare sulla presenza di eventuali patologie professionali e non chè potrebbero avere un peggioramento in conseguenza della esposizione in ambiente lavorativo, ma anche sulle condizioni di salute legate a problemi di suscettibilità individuale (quando ricorrano gli estremi di legge) avendo chiaro che in questi il giudizio finale può e deve essere associato al ricorso alle diverse forme di prescrizione: dispositivi di protezione individuale (DPI), tempi, ecc.
 
Il medico competente è gravato dagli obblighi comuni a tutti i medici ed in particolare:
1) obbligo di referto ai sensi degli articoli 365 C.P. e 334 C.P.P.;
2) obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 139 del D.P.R. 1124/65 delle malattie ricomprese nelle liste delle malattie possibili/probabili di origine lavorativa;
3) obbligo ai sensi dell’articolo 53 del Testo Unico INAIL di fornire al datore di lavoro la certificazione della malattia professionale, certificazione che poi il datore di lavoro deve inviare all’Istituto assicuratore.
 
Tale insieme di obblighi deve essere presente al medico competente, che nel momento in cui formula un giudizio di non-idoneità per una sopraggiunta patologia ha l’obbligo di valutare se detta patologia sia in relazione con l’esposizione lavorativa e, dunque, sia necessario valutare anche la necessità di un riesame delle misure di prevenzione attuate.  
 
 
Marco Bottazzi