Gli importi corrisposti da un’impresa ad un’associazione sportiva dilettantistica, a titolo di sponsorizzazione, costituiscono, fino a 200.000 euro, spese di pubblicità integralmente deducibili per presunzione assoluta di legge, a condizione che la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine e i prodotti dell’impresa e che l’associazione abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale”.

Con la pronuncia n. 5720 del 23 marzo 2016, la Cassazione torna sul tema delle spese di pubblicità ed, in particolare, sulla possibilità di portare in deduzione dal reddito d’impresa le sponsorizzazioni a favore di associazioni sportive dilettantistiche. Come più volte dibattuto in precedenza, la Corte pare aver tratto le linee delle sponsorizzazioni ribadendo l’efficacia della legge n. 289 del 2002 art. 90 (“l’art. 90, della Legge n. 289/2002, infatti, prevede che il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’art. 108, comma 2, del T.U.I.R.”).

Si ricorda, innanzitutto, che, ai sensi dell’art. 108, comma 1, primo periodo, del T.U.I.R., le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi.  I giudici hanno statuito, in proposito, che, ai fini della deducibilità delle spese di sponsorizzazione, è necessario che il contribuente dimostri, non solo la congruità dei costi sostenuti a fini di sponsorizzazione in rapporto all’attività caratteristica e al volume d’affari che ne costituiscono il risultato, ma pure la loro idoneità ad ampliare le prospettive di crescita dell’impresa nell’ambito territoriale beneficiato dalle attività di sponsorizzazione. La Corte in sostanza conferma l’inerenza e la congruità delle spese di pubblicità e sponsorizzazione versate nei confronti delle associazioni sportive dilettantistiche dalle imprese sponsor. È stato altresì più volte ribadito che, nell’ipotesi in cui non vi sia alcun nesso tra l’attività sponsorizzata e quella posta in essere dallo sponsor, le relative spese non possono essere considerate di pubblicità.  Le sponsorizzazioni, quindi, devono essere inquadrate fra le spese di rappresentanza, deducibili nei limiti della normativa vigente.  L’Amministrazione finanziaria, ha precisato che la disposizione introduce, ai fini delle imposte sui redditi, una presunzione assoluta circa la natura di tali spese, che vengono considerate – nel limite del predetto importo – comunque di pubblicità e, pertanto, integralmente deducibili per il soggetto erogante ai sensi dell’art. 108, comma 2, del T.U.I.R. nell’esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’esercizio medesimo e nei quattro anni successivi.

Il Fisco, tuttavia, ha precisato che la fruizione dell’agevolazione in esame è subordinata alla sussistenza delle seguenti condizioni:

1) i corrispettivi erogati devono essere necessariamente destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante;

2) deve essere riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima[1].

La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha confermato la posizione del Fisco. Si desume  infatti, che, nel caso di sponsorizzazioni a favore di associazioni sportive dilettantistiche, non occorre il nesso inferenziale tra attività dello sponsor e del soggetto sponsorizzato, atteso che per presunzione assoluta di legge si tratta di spese qualificabili come di pubblicità, ma è comunque richiesta la congiunta sussistenza dei seguenti requisiti: il soggetto sponsorizzato sia effettivamente un’associazione sportiva dilettantistica, sia rispettato il limite di 200.000 euro, la sponsorizzazione tenda a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor ed, infine, l’associazione abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale, come l’apposizione del marchio sulle divise o l’esibizione di striscioni o cartelloni sul campo di gioco.

Insomma, non è sufficiente, ai fini della qualificazione delle spese di sponsorizzazione come spese di pubblicità integralmente deducibili nel periodo d’imposta, che il beneficiario sia un’associazione sportiva dilettantistica ed il trasferimento di denaro sia effettivamente avvenuto, ma il contribuente che intende portare in deduzione il costo deve altresì dimostrare la sussistenza dei presupposti poc’anzi indicati, in assenza dei quali non può certamente trovare applicazione la presunzione legale di cui al citato art. 90[2].

La Commissione tributaria provinciale di Novara, con la sentenza n. 267/06/15, dopo aver evidenziato che la norma non consentirebbe di porre comunque alcun sindacato di deducibilità da parte del Fisco qualora dette spese di sponsorizzazione siano rivolte ad associazioni sportive dilettantistiche e per un ammontare sino a 200.000 euro, ha preso atto della prassi dell’Agenzia delle entrate e di altre pronunce di merito nello stesso senso ed ha, quindi, convenuto che, comunque, anche nel caso di specie erano sussistenti i due requisiti indicati dal Fisco – promozione dell’immagine e di prodotti aziendali, nonché specifica attività del beneficiario della sponsorizzazione – e pertanto la spesa doveva ritenersi pienamente deducibile ai sensi del predetto art. 90.

 

[1] La Commissione tributaria provinciale Pisa, già con la sentenza n. 423/1/14, aveva osservato che, nel caso devoluto alla sua cognizione, poiché il Fisco non aveva eccepito l’inesistenza di una specifica attività svolta dall’associazione sportiva dilettantistica sponsorizzata e l’importo della spesa risultava inferiore al limite di 200.000 euro, allora detta spesa era integralmente deducibile nell’anno alla stregua di costi di pubblicità, stante il fatto che il destinatario era un’associazione sportiva dilettantistica, circostanza che rendeva applicabile il regime di favore di cui al già citato art. 90.

[2] Fisco 2016, nota Borgoglio

 

articolo di Avv. Maura Bridarolli