Questo è il titolo di un articolo comparso sul sito de “La Stampa” il 14 settembre 2010. Nello stesso giorno, altri titoli dello stesso tenore sono comparsi sulla rete: Rischio cloro: nuotare in piscina favorisce il cancro su Newsfood.com; Nuotare in piscine con cloro aumenta il rischio tumori su AGI; e ancora Studio, da sostanze in piscina rischio cancro e problemi su iltempo.it ; L’acqua della piscina è mutagena su Clostridium; Piscine e cloro mettono a rischio la salute? Su Mamme Domani. E sicuramente non è finita qui.

Dire “noi lo avevamo già detto” è fin troppo facile, visto che da anni insistiamo sul fatto che le nostre piscine, così come sono fatte, stanno diventando pericolose. Già durante PISCINA2010 avevamo affrontato l’argomento, con il bellissimo convegno “Il cloro contro tutti” moderato da Oliviero Beha.

Adesso è il momento di correre ai ripari, per quel che si può, altrimenti l’onda mediatica potrebbe travolgere soprattutto il settore delle piscine pubbliche, che rischiano fortemente di essere avvertite come pericolose per la salute.

Ma lo sono davvero? Si, secondo me si. Perché la cultura dell’impiantistica della piscina non è mai scesa così in basso come negli ultimi anni, nei quali hanno preso sempre più piede ditte interessate solo ed esclusivamente al profitto facile e veloce che si è potuto ricavare nel momento del boom della costruzione di piscine, senza preoccuparsi del fatto che in questo modo avrebbero distrutto una cultura impiantistica che, infatti, non è sopravvissuta.

D’altro canto, non spettava certo a loro il compito di tutelare un mercato e la nostra salute.

Spettava agli organi di controllo, che non si sono tecnicamente formati e non sono stati adeguatamente sostenuti da uno Stato assente che non ha fatto in modo che potessero efficacemente svolgere la propria funzione e che ha lasciato un settore nella confusione totale di una legislazione carente, incomprensibile e contraddittoria.

Spettava alle aziende che un tempo erano leader e che invece di resistere ed intensificare i propri sforzi nel mantenere una cultura tecnica che consentisse di distinguere chi lavora bene da chi non lo fa si sono semplicemente adeguate al nuovo mercato, perdendo in pochi anni tutto il vantaggio che avevano accumulato nel tempo.

E noi siamo qui a raccogliere i cocci e ad aspettare che la verità, perché di questo si tratta, ci travolga.

Che fare, quindi? Lavorare bene, prima di tutto. Senza aspettarsi aiuti da nessuno, ma insistere e non mollare. Comprendere che solo i disastri costano poco o niente; una piscina è un organismo complesso e non si può realizzare né tantomeno condurre senza investimenti importanti, ponderati.

Le aziende serie per fortuna ancora esistono, così come i gestori capaci. Per sopravvivere devono distinguersi. Non è più tempo di esercitare la modestia di un lavoro onesto in solitudine, è tempo di parlare, di dire, senza abbassare gli occhi, “Io lavoro bene”. Però, prima di poterlo dire, bisogna assicurarsi di non poter essere smentiti.