Si possono, tuttavia, immaginare alcune tipologie di contratto ricorrenti nell’ambito di una piscina.

Per esempio, si possono individuare i seguenti contratti:

–          i contratti con le ditte esterne e, tra questi, i contratti con le ditte incaricate della pulizia dell’impianto ovvero i contratti con le ditte incaricate della manutenzione;

–          i contratti con i fornitori e, tra questi, i contratti con coloro che forniscono prodotti chimici per il trattamento dell’acqua;

–          i contratti con i clienti che, avuto specifico riguardo alle piscine pubbliche e le piscine aperte al pubblico, sono gli utenti della piscine stesse, coloro che pagano il biglietto per l’ingresso ovvero coloro che si iscrivono ad un corso di nuoto;

–          i contratti con i sub-gestori che, anche in questo caso, riguardano solitamente le piscine pubbliche o aperte al pubblico e tra i quali si prendono in considerazione quelli stipulati con il gestore del punto ristoro, con la società/associazione sportiva per la gestione dei campi da calcetto, con soggetti a cui vengono affidate attività ludico-sportive complementari a quelle di vasca (fitness, benessere ecc.).

Molto spesso i contratti che vengono stipulati non trovano un preciso riferimento codicistico, ma questo, in realtà, non è un problema dal momento che ben possono essere formulati contratti “atipici” che prescindendo dagli schemi propri dei contratti c.d. tipici (per fare soltanto alcuni esempi, la vendita, la locazione, la somministrazione, l’appalto, il deposito ecc.) disciplinano i rapporti tra le parti in base alle necessità del caso. L’unico limite è dato dal fatto che tali contratti siano “diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico” (art. 1322, c. 2, cod. civ.), il che significa che, per esempio, non possono essere stipulati contratti allo scopo di perseguire finalità illecite.

Al fine di individuare la disciplina applicabile ai contratti in concreto stipulati, occorre compiere la operazione di qualificazione del contratto e, valutandone il contenuto, verificare se esso appartenga ad un tipo piuttosto che ad un altro, ovvero, per certa parte ad un tipo e per altra parte ad un altro, ovvero ancora non appartenga a nessun tipo legale. Questo passaggio è fondamentale, in quanto le parti devono verificare il reale contenuto del loro accordo perché poi non ci si potrà “fare scudo” del semplice nomen juris (ovvero il “titolo” del contratto) se poi il contenuto è diverso. In pratica, in giudizio non si potrà sostenere di aver stipulato un’affitto d’azienda, solo perché magari il contratto scritto riportava nell’epigrafe tale rubrica, ma si guarderà al testo contrattuale e, qualificandolo, si potrà anche pervenire ad una qualificazione diversa (ad es. locazione d’immobile ad uso non abitativo).

La qualifica del contratto permette poi di individuare i punti critici e le relative soluzioni. Ciò a cui occorre avere a riguardo è, quindi, il contenuto del contratto, il suo oggetto e la sua causa (in senso tecnico).

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