Articolo di Guido Martinelli
Il 22 dicembre scorso la Confederazione Italiana dello Sport-Confcommercio imprese per l’Italia, e la SLC-CGIL, la FISASCAT –CISL e la UILCOM- UIL, hanno sottoscritto il nuovo CCNL per i dipendenti del mondo sportivo.
Tale accordo sostituisce, modificandolo in maniera sostanziale, il precedente accordo sottoscritto dalla Federazione Imprenditori impianti sportivi, sigla anch’essa operante nell’ambito della Confcommercio e da tempo scaduto.
La Confederazione italiana dello sport, unendo in un unico soggetto le esperienze di un ente di promozione sportiva riconosciuto dal Coni (portando, come tale, il contributo del mondo dello sport dilettantistico, come tale senza scopo di lucro) e quelle di un soggetto esponenziale degli interessi di coloro i quali, invece, hanno investito nello sport in una logica imprenditoriale (la Federazione degli imprenditori degli impianti sportivi) porta ad un importante elemento di sintesi della volontà dei soggetti datoriali. Per mero scrupolo si evidenzia solo il dato della scarsa rappresentatività dell’ente firmatario tra i sodalizi potenzialmente interessanti ai contenuti del contratto.
Importante appare l’individuazione della sfera di applicazione del contratto: “i rapporti di lavoro a tempo indeterminato e, per quanto compatibile con le disposizioni di legge, i rapporti di lavoro a tempo determinato, tra le imprese e gli enti, anche di carattere associativo, che abbiano come finalità la gestione di atleti e/o l’utilizzo di un impianto o di aree destinate allo svolgimento della pratica sportiva, del fitness e del benessere ed il relativo personale dipendente” e che siano posti fuori dal campo di applicazione: “della disciplina dei rapporti tra società sportive e sportivi professionisti regolati in modo specifico dalla legge 23 marzo 1981 n. 91”. Vengono poi indicati, in maniera esaustiva “gli impianti, i siti e le relative pratiche sportive rientranti nel campo di applicazione” del contratto.
Attenzione particolare è stata data alle qualifiche professionali di natura strettamente sportiva, dando così risposte contrattuali a un tema sempre più bisognoso di definizioni e declaratorie coerenti e pienamente aderenti alle regole che sono alla base della normativa nazionale europea ed internazionale in materia. In tale contesto si è voluto dare specifico risalto al Sistema Nazionale di Qualifiche dei Tecnici Sportivi (SNaQ) elaborato dal CONI e dalla Scuola dello Sport.
Se, da un lato, tale documento costituisce un elemento positivo di chiarezza per le molteplici posizioni di “lavoro” esistenti nell’ambito dello sport dilettantistico, è altrettanto vero che appare comunque privo di quel salto di “qualità” che il settore avrebbe titolo a pretendere.
Ad esempio, silenzio assoluto sulle prestazioni d’opera nel settore dello sport dilettantistico fino ad oggi, in posizione, quasi totalizzante, retribuite con i compensi defiscalizzati di cui all’art. 67 primo comma lett. m) del Tuir.
Essendo un “reddito diverso”, per espressa previsione legislativa, solo se non costituisce rapporto di lavoro subordinato, ne deriva che i lavoratori “dipendenti” ai quali potrà trovare applicazione il CCNL saranno solo quelli a cui non vengono riconosciuti i compensi sportivi. Pertanto, anche alla luce delle ridotte agevolazioni previdenziali previste nella legge di stabilità 2016, il perdurare della ambiguità applicativa di detta norma agevolativa rischia di ridurre, e di molto, l’utilizzo dello strumento negoziale in esame.
Deve ritenersi, pertanto, che il giudizio non possa che essere positivo se lo si considerasse un punto di partenza per indispensabili ulteriori approfondimenti, negativo se le posizioni rimanessero ferme al risultato ottenuto.
Non vi è dubbio che approcciarsi al mondo sportivo, sotto il profilo della contrattazione collettiva, con l’ottica sindacale della “fabbrica” appare sbagliato sia sotto il profilo della legislazione vigente in materia che della Giurisprudenza in essere.
Basti ricordare la legge 91/81 sul professionismo sportivo che, dopo aver effettuato la controversa scelta di presumere, per l’atleta professionista il rapporto di lavoro subordinato ha, poi, previsto, all’art. 4, che al contratto in esame non trovino applicazione molti istituti tipici di detto rapporto.
In questo basti pensare che l’art. 5 della citata legge prevede espressamente la possibilità di contratti a termine di durata massima quinquennale anche per tutti i lavoratori che rientrano in detta fattispecie, che, invece, il nuovo CCNL prevede solo in proporzione al numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato.
Perplessità nascono, infine, dalla possibilità, non colta, prevista dall’art. 2 del decreto legislativo 81/2015, di prevedere la possibilità di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per i quali non scatti la presunzione di applicazione delle modalità del rapporto di lavoro subordinato in presenza del coordinamento datoriale sui modi e i luoghi di svolgimento della prestazione.
Fonte: www.ecnews.it