La storia: il 7 gennaio il sito del giornale La Nuova Ferrara pubblica una lettera aperta dei genitori degli atleti della Associazione Nuoto Otello Putinati, che lamentano ritardi nella esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell’impianto di trattamento acqua della piscina, con conseguente prolungamento inatteso della chiusura dell’impianto (leggi l’articolo).

Pare una delle tante polemiche alle quali siamo già abituati, invece il sindaco Tagliani reagisce con forza, battendo i pugni sul tavolo e rilancia: in chiusura di una appassionata difesa dell’operato del Comune il Sindaco scrive:  l’Amministrazione versa al sistema di gestione delle piscine 400 mila euro ogni anno a fronte di un servizio e una situazione non soddisfacente. Questa è la ragione per la quale le convenzioni in scadenza non verranno rinnovate e si procederà a una completa revisione dei criteri di assegnazione in gestione degli impianti (leggi l’articolo).

La clamorosa rivelazione scuote nel profondo la realtà natatoria ferrarese, che come quella di altre città, soprattutto emiliane e toscane, si regge su un modello di gestione particolare, molto diffuso un tempo ed in via di estinzione ai giorni nostri: il Comune proprietario degli impianti che decide il piano di affidamento alle società sportive locali, che usufruiscono di tutti gli spazi acqua a disposizione, mentre ad una società di gestione scelta attraverso bando pubblico vengono affidati i servizi di cassa per il nuoto libero, l’assistenza ai bagnanti, la pulizia, la conduzione degli impianti.

L’ultima puntata della saga ferrarese registra l’uscita di un articolo di Manuela Claysset, presidente UISP Ferrara, che sostanzialmente concorda con Tagliani sulla necessità di rivedere il modello gestionale e approfondisce in modo concreto ed equilibrato l’analisi del particolare modello di gestione (leggi l’articolo). In sostanza Claysset afferma la necessità di impostare un modello di gestione che, pur sollevando il Comune di parte dei pesanti costi, non più sopportabili da una pubblica amministrazione in tempo di crisi, non affidi interamente ai privati, intesi come puri imprenditori, la gestione di un servizio che è e deve rimanere sociale.

E questo è IL tema delle gestioni delle piscine pubbliche: più sociale o più impresa? Oppure, ancora meglio, una impresa sociale ? E su quali basi si può costruire una impresa attenta agli aspetti sociali del suo fare business?