La crisi colpisce in modo inesorabile, o forse il progetto era sbagliato già nel nascere. Fatto sta che sono già molte le strutture chiuse, fallite oppure in grave crisi.

Hydron, grande centro acquatico e benessere toscano, è l’ultimo solo in ordine di tempo (leggi QUI) dopo Gardacqua a Garda (VR) che ha chiuso in ottobre portando i libri in tribunale (leggi QUI). Anche Acquaworld, il più grande parco acquatico coperto in Italia, che ha sede a Concorezzo (MB) ha attraversato momenti di grande difficoltà nei quali si è paventata la chiusura, che per ora fortunatamente non è avvenuta (leggi QUI).

Molte sono le piscine più piccole che nel resto d’Italia chiudono o cambiano gestione a causa di gravi deficit. L’elenco sarebbe davvero lungo.

Viene da chiedersi se tutto questo è colpa solamente di una crisi devastante si, ma che apparentemente non aveva interessato fino ad oggi il settore acquatico in modo così importante, oppure di scelte troppo azzardate, che non sono state in grado di reggere momenti difficili che sarebbero stati da mettere in conto prima di partire.

L’argomento è di sicuro interesse perchè serve a chi ancora è in piedi per evitare di cadere domani ed ai Comuni che si trovano a dover offrire ai propri cittadini un servizio a non cadere nella illusione che la gestione di una piscina sia fonte di ricchezza per i gestori. Serve per capire che i sostegni fiscali che sono stati dati alle società sportive non hanno dato i frutti sperati, forse perchè non era così che le società andavano sostenute. Serve per evitare di far affondare definitivamente, è il caso di dirlo, un settore che coinvolge milioni di persone, tra utenti ed operatori.