Il D.lgs. 152/06, noto anche come Codice dell’Ambiente, da tempo detta  le regole per le caratteristiche delle acque di scarico. Le acque domestiche e le acque assimilabili alle domestiche non hanno limitazioni se non quelle relative ai valori di BOD5, COD e Solidi Sospesi elencati nella tabella 1 dell’Allegato 5 del suddetto decreto.

Le acque industriali invece devono rispettare i limiti imposti dalla tabella 3 dell’allegato 5 (vedi).

E’ quindi molto importante stabilire se le acque di una piscina possono essere o meno assimilabili alle acque domestiche.

Questa è una competenza che spetta alle Regioni e quindi è diversa a seconda della Regione in cui la piscina è collocata. Nella maggioranza dei casi vengono posti limiti di volume di acqua scaricata, che variano da regione a regione.

Il D.P.R. 227/2011 è intervenuto per complicare, qualora ce ne fosse bisogno, la situazione.

Tale decreto infatti inserisce le piscine tra gli insediamenti produttivi le cui acque reflue sono sempre assimilabili alle domestiche, con questa dicitura:

Tab.2 allegato A : 19 -Piscine – Stabilimenti idropinici ed idrotermali, escluse le acque di controlavaggio dei filtri non preventivamente trattate.

Quindi per le acque di controlavaggio dei filtri i casi sono due:

a) sono da considerarsi acque reflue industriali e devono rispettare i parametri della tabella 3 – all.5 – D.Lgls 152/06;

b) devono essere trattate per rientrare nelle acque domestiche.

Il punto è: trattate COME?

Se devono essere trattate per rientrare nei limiti della tabella 3- all.5 è inutile fare questa distinzione, sarebbe stato sufficiente dire che il controlavaggio è acqua industriale e basta.

Sicuramente su questo punto sarebbe necessaria maggiore chiarezza. Invitiamo tutti i lettori che avessero notizie sulla questione a scrivere a servizi@professioneacqua.it oppure a lasciare un commento a questo articolo.