La presenza di una piscina, in ambito condominiale, rappresenta una particolare fonte di divertimento per la collettività dei condomini, ma anche un elemento di rischio.

Le piscine condominiali

Le piscine sono immobili che presentano caratteri di pericolosità poiché l’elemento dell’acqua, può determinare una minaccia all’incolumità delle persone per i più svariati motivi (antisalubrità dell’acqua, rischio di scivolamento, possibile annegamento etc). A fronte dei potenziali pericoli, il legislatore nazionale è intervenuto per dettare principi generali obbligatoriamente integrati da altre disposizioni normative di carattere sia civile che penale. La disciplina, prevede che le piscine, installate all’interno dei condomini o dei supercondomini, dei consorzi e al servizio di immobili in multiproprietà, debbano considerarsi piscine ad uso pubblico e, come tali, soggette alla legislazione inerente dapprima all’intesa Stato-Regioni dell’11.07.1991 e, successivamente, dall’accordo Stato-Regioni del 16.01.2003, intervenuto tra il Ministero della Salute, le Regioni e le Provincie Autonome di Trento e Bolzano. L’accordo Stato-Regioni concerne i requisiti igienico-sanitari delle piscine con particolare riferimento alla qualità dell’acqua e dell’ambiente dell’impianto. Con l’approvazione dell’accordo del 2003 si è aperta una nuova fase nella quale ciascuna Regione è stata chiamata ad elaborare ed adottare una propria normativa in materia di piscine. Tuttavia, tale normativa di riferimento non può assicurare che le discipline regionali in materia di piscine si possano differenziare eccessivamente tra loro. L’esigenza di evitare tale rischio ha spinto le Regioni e le Province Autonome a sviluppare buona parte della disciplina contenuta nell’accordo, definendo ulteriori aspetti non considerati dall’accordo stesso. I rappresentanti di diverse Regioni (Veneto, Liguria, Toscana, Emilia Romagna, Puglia Piemonte, Molise; Friuli Venezia Giulia, Marche, Abruzzo, Lazio, Umbria, Lombardia e le Province Autonome di Trento e Bolzano) hanno predisposto un nuovo documento “Disciplina interregionale delle piscine”, cioè una disciplina condivisa, base comune per le nuove leggi regionali in materia di piscine. Tale nuovo accordo prevede una speciale normativa per le PISCINE CONDOMINIALI, comprese quelle relative ad edifici o complessi residenziali costituiti da più di 4 unità abitative ancorché appartenenti ad un unico proprietario. Per contro la disciplina non trova applicazione per le piscine pertinenziali a singoli appartamenti. Al di fuori di questo caso, la normativa trova piena applicazione e pertanto, anche per le piscine al servizio della collettività condominiale deve esservi un responsabile che svolga una particolare attività di controllo delle condizioni igienico-sanitarie dell’impianto. Tale ruolo, per espressa disposizione, salvo diversa formale designazione, deve essere svolto dall’amministratore ed, in mancanza dello stesso, dai condomini. E’ inoltre prevista la figura dell’assistente bagnanti e dell’addetto agli impianti tecnologici (che deve possedere competenza tecnica specifica, garantire il corretto funzionalmente degli impianti ai fini del rispetto dei requisiti igienico – ambientali). Tali funzioni, secondo detta disciplina possono essere svolte dallo stesso responsabile della piscina, purché in possesso delle necessarie abilitazioni.

La normativa in questione prevede anche forme di controllo interne ed esterne. Per le prime viene stabilito che ogni piscina debba essere dotata di un piano di autocontrollo; per le seconde, il responsabile della piscina deve garantire l’accesso a tutte le aree e impianti della piscina stessa da parte degli organi di vigilanza, nei periodi ed orari di funzionamento.

La responsabilità civile e penale dell’amministratore

L’amministratore, in qualità di legale rappresentante del condominio, risponde, in forza dell’art. 2051 cc e dell’art. 40 cp.

Spetta infatti all’amministratore (se nominato) accertarsi che siano rispettati tutti gli adempimenti previsti dalla legge. Egli dunque è responsabile quale custode del bene, di quanto possa accadere ai condomini o ai terzi frequentatori dell’impianto.

Il problema è che spesso il regolamento di condominio, contrariamente a quanto sarebbe opportuno, pur disciplinando l’uso, gli orari e tutte le norme di gestione, non prevede l’assunzione di un bagnino o la nomina di un custode idoneo all’attività, non contiene una rigida regolamentazione dell’accesso alle vasche, prevedendo l’apposizione dei cartelli con divieto d’ingresso ai minori non accompagnati e la chiusura della piscina se valutata non adeguatamente protetta.

Tale situazione è particolarmente gravosa in quanto, qualora un condomino o un ospite, a causa della mancanza di cautele o dell’inosservanza degli obblighi di legge sia danneggiato dall’uso della piscina condominiale, può sorgere a carico dei condomini, quali proprietari, e, a carico dell’amministratore, una responsabilità extracontrattuale o per fatto illecito, il cui fondamento può ravvisarsi nella clausola generale di cui all’art. 2043 cc. Del resto il condominio, in quanto proprietario, è anche custode della piscina come di tutte le parti comuni dell’edificio e pertanto, ai sensi dell’art. 2051 cc, è responsabile per tutti i danni cagionati dalle cose in custodia, salvo che riesca a fornire la prova della sussistenza del c.d. caso fortuito[1]. La responsabilità di cui all’art. 2051 cc ha per certi versi carattere oggettivo e, ai fini della sua configurabilità, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, senza che rilevi al riguardo l’osservanza o meno di uno specifico obbligo di vigilanza[2]. Ne consegue per esempio che risponde dei danni cagionati a persone o cose negli ambienti destinati a piscina condominale e ciò anche qualora alla gestione della stessa siano stati designati uno o più bagnini. In quest’ultimo caso, infatti, la presenza di terzi in veste di custodi-tecnici della piscina non fa venir meno la responsabilità primaria del condominio e, per esso, dell’amministratore, a titolo di culpa in vigilando culpa in eligendo, in forza dell’art. 2049 cc.

Per eventi di particolare gravità la responsabilità che ne deriva non è più di natura civilistica, ma può diventare di natura penale, e quindi, l’amministratore può rispondere anche dei reati previsti e puniti dagli artt. 589 cp[3] (omicidio colposo) e 590 cp (lesioni colpose).

Merita di essere menzionata, un’importante decisione del Tribunale penale di Ferrara (Tribunale Penale di Ferrara, 28.12.1999 n. 617) con la quale si è affermato che: “ in caso di annegamento di un bimbo nella piscina condominiale in cui non era previsto il servizio di salvataggio, la piscina medesima integra comunque gli estremi della cosa pericolosa di cui all’art. 2051 cc, la cui custodia deve espletarsi da parte di colui che abbia l’effettivo potere materiale sulla cosa che, nel caso del condominio, è il condominio medesimo e non l’amministratore condominale”. Quest’ultimo a parere del Tribunale, essendo privo di autonomia patrimoniale ed avendo l’assemblea dei condomini rifiutato di assumere un bagnino, si era trovato anche nell’impossibilità di chiudere la piscina condominiale e di impedirne al frequentazione, in quanto il regolamento di condominio prevedeva la sospensione dell’attività natatoria solo in caso di inosservanza di norme di legge.

A ragion di logica l’amministratore non può procedere direttamente alla realizzazione delle attività necessarie senza il preventivo assenso dell’assemblea perché il pericolo collegato all’impianto piscina è potenziale ma non attuale.

Per quanto sopra secondo alcuni, per evitare il pericolo di subire le responsabilità, chi amministra un condominio non può fare altro che dare le dimissioni. Secondo altri, diversamente, nel caso di rifiuto di intervento da parte dell’assemblea, le responsabilità non possono in alcun modo gravare sull’amministratore.

In conclusione, considerata la definizione e la disciplina della piscina, compete all’amministratore mettere in atto ogni ragionevole accorgimento per renderla sicura. Non solo cartelli, ma anche recinzioni non valicabili, attrezzatura di primo soccorso e bagnini, figura professionale prevista dallo stesso CCNL Portieri, nelle ore di apertura. Nelle ore di chiusura dell’impianto, l’acceso deve essere impedito con idonei mezzi di protezione. In sostanza l’amministratore deve, verificare che la disciplina relativa all’uso, alla manutenzione e alle spese concernenti la piscina sia contenuta in un apposito regolamento condominale, validamente e correttamente redatto; in secondo luogo deve appurare la conformità della piscina installata nel condominio ai parametri previsti dalle norme nazionali e regionali, al fine di evitare ogni sua diretta responsabilità.

Una possibile soluzione alla responsabilità

Al fine di evitare responsabilità in capo tanto all’amministratore quanto ai condomini, relativamente alla gestione di un’attività potenzialmente pericolosa e di “difficile” controllo, una possibile soluzione potrebbe essere quella di affidare la gestione dell’impianto a terzi. in tal caso ogni responsabilità in ordine ai danni conseguenti all’uso della piscina si trasferirebbero in capo al gestore che risponderebbe sia nei confronti del danneggiato a titolo di responsabilità extracontrattuale, sia del condominio a titolo di responsabilità contrattuale.

 

 

[1] Cfr. Cass. 09.04.2003 n. 5578; Cass. 26.03.2002 n. 4308; Cass. 06.10.2000 n. 13337.

[2] Cass. Civ. sez. III, 06.02.2007 n. 2563

[3] Cfr. Cass. Pen. Sez IV, 22.10.2008 n. 25698